Maturazione

Devo, dobbiamo maturare.
L'ennesima ubriacatura elettoralistica ha dimostrato, se mai ve ne fosse ancora bisogno, quanto sia lontana la maturazione dell'Uomo e dell'Umanità. Coloro che hanno la capacità di pensarsi e di agire in maniera autonoma, autogestendosi e auto-organizzandosi, sono troppo pochi. La stragrande maggioranza delle persone non tenta nemmeno di emanciparsi, sfuggendo ai gangli della delega, della rappresentanza, del Potere. 
Non è nemmeno un discorso di classe: Patrizi e Plebe, borghesi e proletari, inclusi ed esclusi, tutti preferiscono delegare a un altro le scelte riguardanti il proprio quartiere, il proprio comune, la propria regione... fino al proprio pianeta. Se dei patrizi, dei borghesi, degli inclusi ci frega il giusto, della Plebe ci interessa molto di più il livello di emancipazione. Anzi no, di maturazione, perché è di questo che stiamo parlando. Secoli, millenni di schiavitù economica, politica, psicologica, fisica, spirituale, hanno rallentato il processo di maturazione di tutti e di ciascuno. 

Ieri si è votato per un referendum sulla diminuzione della rappresentanza e per il governo di alcuni comuni e regioni. Oltre due cittadini su tre si sono recati alle urne. A fare che? Con quale progettualità? Con quale capacità di incidere davvero sulle decisioni che questo o quel eletto prenderanno nei prossimi mesi o anni?
Zero. Il voto, espresso in questi termini e in queste modalità, esprime una potenza pari a zero. Specifico: in questi termini e in queste modalità, perché vorrei sempre evitare di essere affetto da quel "cretinismo astensionista" di cui parlava Camillo Berneri. 

Ieri è stato legittimato, ancora una volta, lo status quo.
Ma siamo troppo immaturi per capirlo.

"Cinquemila anni di esperienza ci dimostrano che non possiamo affidare la gestione delle nostre vite a re, preti, politici, generali, e commissari provinciali.”
(Edward Abbey)

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