Logorio

Una delle massime maggiormente utilizzate dai conservatori e dai reazionari è "il Potere logora... chi non ce l'ha!". In questa frase viene espressa in maniera ironica una verità a cui, chi esercita il Potere, crede ciecamente. E ci credono anche i tanti che anelano il Potere, lo desiderano come l'Anello di Tolkien.
Perché il Potere a quello serve: a domare, a ghermire, a incatenare.

Per questo motivo, chiunque eserciti il Potere è schiavo dello stesso. Il sovrano, sia esso una persona o uno Stato, ossia una oligarchia di persone, anche quando è Legibus solutus, resta comunque schiavo del Potere. Non sarà mai completamente libero.
Eguale schiavitù subiscono, anzi accettano, coloro i quali desiderano il Potere. Per questi mendicanti delle classi medioalte, per questi accattoni in giacca e cravatta, per questi morti di fame col portafoglio più o meno gonfio, la bramosia di Potere assurge a essenza delle loro esistenze, a scopo vitale, a obiettivo principale e ultimo.
Sovrani o sudditi, tutti sono schiavi del Potere: i primi perché devono esercitarlo e, per questo, vogliono conservarlo; i secondi perché vogliono conquistarlo e, in seguito, esercitarlo.

Il Potere è sempre azione. E' schiavo dell'azione. Chi ha il Potere non può non fare. Il Potere di non fare niente è una mera illusione. Un potere che non esercita azione, un potere non esercitato non è Potere.
La schiavitù dell'azione è antitetica alla libertà della non-azione. I buddisti la chiamano wei wu wei, azione senza azione. Non è semplice astensione dal fare, ma volontà di accordarsi con i battiti del divenire, che poi sono i palpiti del Nulla. E' la legge della Cedevolezza su cui è basato il Jujitsu: abbattere il Potere attraverso la sua stessa forza.
Il Potere è sempre azione, coercizione, imposizione. Non può non esserlo, anche se mosso dalle più nobili intenzioni.

Il Potere logora.
Sempre, coloro che lo detengono.
Sempre, coloro che non lo detengono... ma vogliono averlo.

Esistono, però, anche quelli che non hanno nessun desiderio di Potere. Quelli che sanno che "non esistono poteri buoni" e che anche il Potere più filantropo e solidale che possa essere immaginato è comunque frutto di coercizione, di dominio, di gerarchia.
Esistono quelli che disprezzano la gerarchia, combattono il dominio, fuggono dalla coercizione. 
Per loro 

Essi non vogliono il Potere. La loro volontà esercita la Potenza, non il Potere. 
Proprio perché la loro volontà non desidera ciò che tutti chiamano Potere, essa è così potente! Tanto potente da riuscire a essere iconoclasta, a cancellare consuetudini, a disintegrare muri e colonne, ad abbattere i vecchi idoli.

Essi sono gli unici realmente liberi. Essi sono gli Unici, realmente liberi.
Perché sanno riconoscere la carica nichilista di ogni Potere.
E' quella carica, quel nichilismo a produrre dolore, schiavitù, logorio.

"Il Potere logora chi non ce l'ha. Perché vorrebbe averlo.
Se uno smette di volere il Potere, avrà la Libertà."

Dopo

"L'Immortalità è la perpetuazione in eterno di un Grande Errore.
Noi dobbiamo morire, perché solo così avremmo vissuto."

La Morte spaventa. Perché non si conosce e ciò che non conosciamo ci fa paura.
Nessuno è mai tornato dall'Ade o dal Valhalla a raccontarci cosa ci sia "dopo". Tutti sperano che "dopo" ci sia comunque qualcosa o, perché no, qualcuno. Un nostro antenato, un nostro amico, il nostro Amore.
Non esiste civiltà che non abbia avuto, tra i propri miti fondativi, quello del Dopo. Se possiamo accettare che il nostro corpo cessi di esistere qui, su questo mondo, ci riesce più difficile accettare che la stessa sorte tocchi anche all'anima, allo spirito.
Tutti desiderano un'anima immortale, incorruttibile dal tempo e dallo spazio, che possa veleggiare sui venti dell'esistenza. Finalmente libera.
La vita sembra avere senso se si ammette che non finisce con la morte, ma che anzi continui, si perpetui, sino alla fine dei giorni.

E' arrivato il momento di dire NO. E' giunta l'ora di negare l'esistenza di un Dopo.
La giostra finisce hic et nunc, su questa terra. Ognuno fa i suoi giri - qualcuno ne farà purtroppo pochi, qualche altro decisamente troppi! - e poi la giostra si ferma. E non riparte più. Per tutti e per ciascuno.
Dobbiamo imparare ad amare la Vita per quella che è: un Momento, una pausa, un interludio. Può essere un Momento delizioso o tragico, talvolta dipende persino da noi, ma è pur sempre un Momento. 
La vita è l'Eccezione, il grande errore del Nulla.
Se fossimo immortali, nel corpo come nello spirito, questo grande errore sarebbe perpetuo.
E lo stesso farebbe anche il nostro errore: pensare che la vita abbia un senso solo se non termina con la morte, ma se c'è un Dopo.

No, non è così, anzi non deve essere così.
Non è valicando i confini della Morte, invadendola con la nostra immortalità, che la Vita assume valore.
Al contrario: è proprio valicando i confini della Vita e addentrandoci nell'immortalità della Morte che la nostra Vita si compie. Perché si conclude.
E di noi, forse, non rimarrà altro che un ricordo.
Tra polvere e ossa.

La mente seguirà

Tutti hanno demoni e qualche tipo di debolezza. Io, tu, chiunque stia leggendo.

Siamo educati ad "accettare" la nostra debolezza, ma come? Accettalo come parte di te stesso, perfetto così come sei, hai solo bisogno di essere amato.

Cazzo no.

Dire "accetta te stesso" significa ammettere che odi qualcosa di te stesso. Significa che c'è qualcosa di sbagliato che non sei in grado di accettare.

Se vuoi veramente amare te stesso, migliora. Trova la volontà di superare ciò che odi con un po' di disciplina, inizia dalle piccole cose quotidiane.

C'è solo una vita e la stai spendendo fidandoti di slogan solo per sentirti un po' meglio e cercando di dimenticare quanto ti odi.

La debolezza e la paura sono essenziali: accettale, ma per vincerle, dominarle. Finché non cercherai di accettare ciò che odi, la paura ti dominerà, e tu non sarai altro che un debole, il peggior tipo di debole, colui che decide volentieri di essere uno. E potresti non essere abbastanza fortunato da avere qualcuno di forte vicino a te.

Eracle che uccide l'Idra, Thor che uccide i giganti, Ülgen che combatte i demoni di Elrik. Sono tutti simboli di forza che trionfa sull'ego e sulla paura, e come ogni atto di forza chiedono un momento di rischio e un'esistenza di allenamento.

Quei miti vivono dentro di te, nella mente e nel sangue, e sono qui per ricordarti che sei più forte e più audace di qualche slogan da social network facile da vendere.

La grande macchina sta cercando di farti sentire al sicuro e ok.
Cerca invece di vivere al di fuori della sicurezza.
Cerca i luoghi del potere, dell'onore e delle leggende.

Inizia con il tuo corpo e la tua mente seguirà.

Leo, Dire Dogs

Tra vette e abissi

Abbiamo appena iniziato a camminare sulle nostre gambe quando cominciano ad inculcarci una "loro" verità, spietata e inconfutabile: in tanti possono vincere, solo in pochi riescono a confermarsi in vetta.
Ci riempiono di esempi, per farci comprendere che, se è difficile arrivare primi, al termine di un percorso, in cima a una montagna, è ancora più difficile rimanere in testa.

"Perché mai dovrebbe essere questo il mio scopo?", mi permetto di domandare a lorsignori.
Una volta che ho scalato la mia montagna e ho raggiunto la mia vetta, non voglio altro che il tempo necessario per contemplare la Bellezza davanti ai miei occhi e la Fatica dentro di me, quella fatica che mi ha portato a concludere quella impresa. Terminato questo momento di contemplazione, voglio scendere. Intraprendere il cammino a ritroso. Ritornare al campo base. E sognare nuove sfide, nuovi sentieri, nuove vette.
La mia gioia non è nel rimanere in vetta, ma nel raggiungerla. Nel guardare in basso, lasciandomi spaventare dall'altezza, e nel ridiscendere.

Lo stesso discorso non vale solo verso l'alto, ma anche verso il basso. Non solo verso le vette, ma anche verso gli abissi.
Una volta che ho raggiunto il punto più basso, il luogo ove la luce non giunge, il posto dove si sentono gorgogliare le viscere della Terra, non voglio rimanere lì. Lì sotto. Voglio, anzi devo volere, riguadagnare la superficie, tornare a galla, risalire sulla crosta terrestre e - perché no! - tornare nel Bosco.
La mia gioia non è nel rimanere in fondo all'abisso, ma nel raggiungerlo. Nel guardare in lato, dove il Sole continua a splendere, lasciandomi spaventare dalla profondità raggiunta, e nel risalire.

Ci inculcano che l'Essenza di ogni impresa non sia nel portarla a compimento, anche se solo per un istante. Osano persino definirlo "effimero", quell'istante. 
Eppure il nostro Spirito sa che non è così. Lo Spirito della Vita nega questa "loro" verità.
Perché tra vette e abissi, l'essenza della vita è nella Vertigine.

Comunista jüngeriano

Il mio rapporto con la Politica è sempre stato conflittuale.
Non tanto perché ho una innata tendenza ad avvicinarmi a partiti e movimenti politici che non arriveranno mai alla doppia cifra, ma soprattutto perché non ho grande fiducia - eufemismo! - nelle Masse.

Quando ho avuto una tessera di partito in tasca, su di essa c'era sempre una Falce e Martello.
La prof Serino, docente di matematica al liceo, sosteneva invece che io fossi anarchico. Inconsapevolmente anarchico.
Per molti compagni, invece, ero troppo "moderato"... oppure troppo "radicale"... in genere troppo "distaccato".

A tal proposito, in questi giorni mi è tornato in mente un episodio:

Ero al primo anno di università.
Avevo 17 anni e sostenni l'esame di Storia delle Dottrine Politiche.
Al termine del quale, ricevetti dall'assistenze del professore una delle definizioni politiche più affascinanti che abbia mai ricevuto:
"Lei" - mi disse - "è un comunista sui generis. Lei è un comunista jüngeriano ".

Comunista jüngeriano.
Potevo mai aspirare a qualcosa di meglio?