Il nemico è l'America

Negli istanti immediatamente successivi al Secondo Conflitto Mondiale, il filosofo tedesco Martin Heidegger, in un appunto recentemente apparso nella raccolta dei cosiddetti “Quaderni Neri”, avanzò l’ipotesi che il sistema introdotto dagli Alleati in Germania avrebbe finito per trasformarsi in una forma di dittatura ben più subdola rispetto a quella hitleriana. Così ebbe modo di scrivere nel suo diario: “Per quanto tremende da sopportare siano la distruzione e la devastazione che adesso sopraggiungono sui Tedeschi e sulla loro terra natia, tutto questo non raggiungerà mai l’autoannientamento che ora, nel tradimento al pensiero, minaccia l’Esser-ci”.

Nella seconda metà degli anni ‘60, il pensatore situazionista francese Guy Debord, definì l’ideologia democratica come la “libertà dittatoriale del mercato temperata dal riconoscimento dei diritti dell’uomo spettatore”. Essa è l’espressione di un mondo rovesciato in cui la realtà sorge nello spettacolo e lo spettacolo stesso diviene la sola unica realtà. “Questa reciproca alienazione – continua Debord – è l’essenza e il sostegno della società esistente”.

Ma le critiche alla democrazia non sono una prerogativa del XX secolo. Queste, infatti, non mancavano sin dai tempi dell’antica Grecia.

In un testo pubblicato nel 2018 dalle Edizioni all’insegna del Veltro sotto il titolo Il regime politico degli Ateniesi (Athenaion Politeia), l’autore considera la democrazia non come il “governo del popolo” ma come il governo delle canaglie (oi poneroi). D’altronde, che la democrazia fosse il peggiore dei regimi possibili l’aveva affermato anche Alcibiade, secondo cui tale sistema altro non era che una “follia universalmente riconosciuta”.

Non sorprende che tale follia abbia trovato la sua massima espressione moderna nell’emisfero occidentale, quell’“Occidente” che la mistica islamica definiva, in linea con l’idea greca di “governo delle canaglie”, come la “fossa dei reietti”. E non sorprende che la democrazia, sin dall’antichità, sia intrinsecamente collegata alla talassocrazia: al controllo del mare e dei flussi commerciali che scorrono su di esso.

Uomo Spirituale e Uomo Religioso

L'Uomo Spirituale è consapevole della propria inferiorità e incompiutezza. C'è, sopra di lui e fuori di lui, qualcosa di più potente e di più completo. C'è la Natura, le sue forze, il suo istinto di conservazione, la sua volontà, il suo ordine naturale. L'Uomo Spirituale riconosce che, oltre le ossa e la carne, c'è molto altro: spirito, demone, anima, pensiero, idea, sentimento, emozione, passione.

Non ha bisogno di altari d'oro e marmo: gli basta una pietra, un tronco d'albero, una insenatura.
Non ha bisogno di dogmi: vive la propria spiritualità naturalmente, semplicemente, umanamente.
Non ha bisogno di una gerarchia, di ministri del culto: può essere egli stesso sacerdote del culto.

L'Uomo Religioso, invece, è profondamente diverso. La sua spiritualità è innanzi tutto esteriore. Ha bisogno di formalismi, di codici, di dogmi. La Natura è spodestata dal suo altare: al suo posto viene messo un Dio, che è padrone e creatore della Natura stessa. L'esistente perde la propria divinità e un'altra entità, trascendente, se ne impadronisce. Nulla è più divino, tutto diviene creazione.

Egli ha bisogno di altari, meglio se d'oro e marmo.
Egli ha bisogno di dogmi, di libri sacri, di agiografie, di tribunali in cui uomini interpretano la volontà del Dio.
Egli ha bisogno di una gerarchia, di ministri del culto, di interpreti della volontà divina: lui, da solo, non ne sarebbe capace.

La contemporaneità tende a identificare i due uomini. L'idea che spiritualità e religione siano sinonimi o, addirittura, identici, è uno dei principali inganni della post-modernità. Identificando i due termini si combatte una sola volta, invece che due, il grande nemico dell'unica divinità contemporanea: il Potere, economico in primis, poi politico, sociale e, infine, culturale.

L'Occidente è tramontato, l'Europa diventi Eurasia

Ogni organismo vivente conosce quattro fasi: infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia. Non esiste pianta, animale, essere umano, popolo, nazione, organizzazione sociale, regno, repubblica, impero, stato che non sia soggetto a questa ferrea legge naturale. Sempre è stato così, sempre così sarà.

Chi ama "el ingenioso hidalgo Don Quijote" può tranquillamente condurre la propria personale battaglia contro i mulini a vento, immaginando di poter fermare la decadenza della nostra epoca rifugiandosi in un nostalgico conservatorismo o tuffandosi in un menzognero progressismo. 
Chi invece conosce la ferrea legge della Decadenza sa che stiamo vivendo il Kali Yuga, il tramonto del cosiddetto Occidente. Che si tratti di Cultura o Civilizzazione, la vecchiaia ha ormai preso il sopravvento. Non c'è più nulla da salvare, né radici da cui ripartire.

Rovine, solo rovine, null'altro che rovine.
Rovine del Novecento, a cui si sommano, giorno dopo giorno, le rovine del Nuovo Millennio. Un millennio che non vedrà il cosiddetto Occidente come guida spirituale e materiale dei popoli e dei singoli individui. Il sole sorge sempre a Oriente.

La stessa Europa deve rendersi conto dell'inevitabile. L'Unione Europea, che è cosa diversa, anzi opposta, all'Europa, è nata per camminare sul sentiero che il sistema economico e, quindi, politico-culturale dominante ha battuto e puntellato, soprattutto dopo la sconfitta del socialismo reale.
Questo sentiero è destinato al baratro, ormai è palese. L'alleanza, per non dire la sudditanza, con gli Stati Uniti d'America è solo l'ultimo stadio della decadenza europea. L'alternativa, paventata dai populismi e dai sovranismi di ogni risma, di tornare agli stati nazionali di stampo giacobino, e cioè l'idea di ricominciare a dividerci in italiani, francesi, spagnoli, tedeschi, convincendosi e convincendoci che si possa smettere di essere europei, è persino più stupida della stucchevole tracotanza di chi ciancia di Stati Uniti d'Europa. Chi vuole tornare alle bandierine nazionali e chi vuole continuare a suonare lo spartito liberale e capitalista dell'Unione Europea non sono in antitesi, ma due facce della stessa medaglia.

L'alternativa vera, reale, feconda, da cui potrà rinascere una nuova civiltà europea, stavolta non più occidentale, è rappresentata dall'unione con l'Asia. Per dirla con un termine recentemente impostosi nel dibattito politico internazionale: Eurasia.
L'Occidente sta tramontando, forse è già tramontato, ma non ce ne siamo ancora accorti tutti. L'Europa "occidentalizzata" è destinata a morte certa. L'unica speranza è la nascita di un'Europa "orientalizzata", che guardi alla Russia e alla Cina. 

Europa, Russia, Cina: un'Eurasia così formata sarebbe la più grande potenza che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto. La Nato diventerebbe un trattatello da relegare ai libri di storia, il liberalismo cesserebbe all'istante di essere l'ideologia dominante, il capitalismo morirebbe. 
Il futuro dell'Europa sarà l'Eurasia. O non sarà.

La mia Libertà

La libertà di attendere sei ore in fila per comprare l'ultimo modello di I-phone non è la mia Libertà e non spenderò una goccia di sudore per difenderla.
La libertà di assaltare un supermercato per comprare un paio di scarpe o di pantofole col logo del suddetto non è la mia Libertà e non perderò un minuto di tempo per tutelarla.
La libertà di pensare con la pancia e di parlare col deretano non è la mia Libertà e non sacrificherò una parola per sostenerla.

La mia Libertà è libertà dello Spirito, dell'Azione figlia di un Pensiero, della Parola partorita dall'Idea. 
Cose che la massa beota che affolla i centri commerciali per comprare a comando futilità d'ogni genere non potrà mai capire.
Mai.

Scimmie

C'è una stucchevole volontà di incasellare, di etichettare. Il covid19 ha acuito tale volontà: o si è "negazionisti", o si è "covidioti".

Chi si pone delle domande e avanza critiche all'una o all'altra schiera? Per lui non v'è etichetta, quindi non va contemplato.

Scimmie.

Eccetto pochi Uomini, non vedo altro che scimmie. Sicure di avere la verità in tasca, convinte di aver scoperto questo o quel complotto.

Scimmie.

Non basta restare umani, bisogna tornare Uomini

Restiamo umani.
Ce lo ripetono continuamente. Ce lo ripetiamo ogni giorno.
Ogni volta che accade una tragedia. Ogni volta che l'umanità pare scomparire dietro le menzognere vesti del sedicente Progresso. 
Ogni volta che la Modernità mostra il proprio volto disumano, noi ci diciamo di restare umani.

Non basta.
Di fronte alla cloaca immonda che ci circonda, il Mondo Moderno dalle magnifiche sorti e progressive, non basta restare umani.
Bisogna ritornare ad essere Uomini. 
Ritornare, è questa la nostra Rivoluzione. Perché Rivoluzione - per chi non lo sapesse - deriva dal latino Revolutio. Significa "ritorno". 

L'Umanità attuale ha pochi uomini e troppe amebe. 
La nostra Generazione ha questo compito: rivoluzionare la contemporaneità.
Per farlo, deve "ritornare".
Ritornare ad essere Uomini.

"Credo nell'Uomo. Non nell'Umanità."

Look Down

Incatenati.
Così ci sentiamo, noi. 
La Plebe. 

Incatenati nel pensiero e nell'azione, nel desiderio e nell'atarassia, nella tregua e nel conflitto. Le catene che ci cingono idee e movimenti sono invisibili agli occhi della Natura. Eppure opprimono, stringono i polsi fino a farli sanguinare.

E il Potere ride. Guarda in basso, osserva le nostre catene, si compiace. 

Eppure dovrebbe saperlo: è pericoloso ridurre un Uomo in condizione da non aver nulla da perdere. Fuorché le catene.