La guerra è la salute dello Stato

"Associando queste vigorose tendenze presenti nell’individuo - il piacere del potere e il piacere dell'obbedienza - l’istinto gregario diventa un fattore irresistibile nella società. La guerra stimola questo fattore al più alto grado possibile. Essa convoglia gli influssi della misteriosa corrente del branco, dilatando il potere e l’obbedienza verso gli ambiti più lontani della società, raggiungendo ogni individuo e qualsiasi piccolo gruppo riesca a coinvolgere. E lo Stato - l’organizzazione dell’intero branco, dell’intera collettività - si basa proprio su questo istinto e lo utilizza a fondo."

(Randolph Bourne)

Ogni forma di dominio ha bisogno di dominati. Ogni potere, per essere tale, deve esercitarsi sulla massa. Più è pecorile la servitù della massa, più il Potere rischia di rimanere sul trono per un tempo lungo, quasi indefinito.

La guerra si inserisce perfettamente in questa logica di dominio perpetua. Cosa rinfocola l'istinto gregario degli individui e delle masse più di una bella guerra? Cosa consente al Potere di ridurre fino a sopprimere ogni dissenso, ogni opposizione, ogni libertà, più di una guerra? Cosa divide il popolo, i lavoratori, i cittadini, tanto quelli con passaporto diverso quanto quelli "appartenenti" alla medesima nazione, più di una guerra?

La guerra è la salute dello Stato. Non esiste Stato che non abbia bisogno di un nemico contro cui agitare venti di guerra o contro cui mandare le masse a morire. Per idiozie come Patria o Bandiera. Più uno Stato è "in guerra", più le masse lo sosterranno, più il governo sarà saldo.
Fino a quando l'enorme menzogna che la guerra nasconde dentro e dietro le divise o le bandiere non venga disvelata e tutti riescano a vedere il marcio che c'è nello Stato e nel Governo.

Siamo tutti NoVox

La rosa dei candidati della destra. I veti e le controproposte del centrosinistra. Il profilo quirinalizio. L'unità nazionale contro la pandemia. Una figura garante nei confronti dell'Europa.

Quante ne stiamo sentendo. Armi di distrazione di massa, come se l'inquilino del Quirinale potesse far costruire nuove scuole e nuovi ospedali, potesse abolire la precarietà lavorativa che si traduce in precarietà di vita, potesse impedire le morti sul lavoro e - ultima novità della democrazia liberale - anche le morti in scuola-lavoro.

Il fantoccio che metteranno sul Colle romano non cambierà la vita dei lavoratori italiani, non abolirà l'infame tessera verde, non metterà fine a questa indegna gazzarra tra NoVax e UltraVax.

E mentre i "rappresentanti del Popolo" ci deliziano votando Signorini, Siffredi o Bruno Vespa, il "Popolo" prova a lanciare un urlo di disgusto per l'ennesima infima prova di questa classe politica. Solo un urlo, di più non si riesce a fare. E nemmeno quest'urlo viene ascoltato, anzi percepito, dalle istituzioni della democrazia liberale.

Un Popolo che urla, ma non ha voce.
Adesso è ufficiale, siamo tutti NoVox.

Il Male della Fede

Stiamo accettando tutto.
Tutto subiamo e tutto siamo pronti a subire.
Per fede.

Fede nella religione, in questo o quel dio che ci proteggerà dal maledetto virus e che salverà l'Umanità.
Follia.

Fede nella scienza, in senso lato e vago e vacuo, visto che anche all'interno della comunità scientifica ci sono posizioni discordanti, talvolta opposte.

Ma noi accettiamo tutto. Per fede.

Perché non abbiamo strumenti culturali per comprendere. E perché abbiamo la pigrizia mentale tipica di una comunità in decadenza.
E' faticoso pensare come individui, è massacrante ragionare come collettività.

Tessere verdi? Codici a barre? Tutto fa brodo. Vaccini? No, meglio lo Spirito Santo.
E intanto stiamo male. Intanto moriamo. Viva la Tessera Verde, però. Viva lo Spirito Santo.

E allora non pensiamo. Non studiamo. Non dissotterriamo l'ascia di guerra. Non rinforziamo le difese della nostra mente e del nostro corpo. Non avanziamo, con le armi della conoscenza critica, nei meandri dell'ignoto. 

Meglio star qui, sulla sponda piana del fiume, e accettare tutto quello che ci viene propinato. Dal primo degli scienziati all'ultimo dei santoni.
Per fede.

Non ho più fiducia

"Ogni tempesta comincia con una singola goccia"
                                                                          (Orso Tekoser)


Non ho più fiducia nelle Masse. In quelle informi e beote Masse che si bevono ogni menzogna, che preferiscono ragionare con la pancia piuttosto che col cervello. Quelle Masse che dovrebbero elevarsi, diventare Popolo e utilizzare tutto il potere che solo loro hanno. Invece niente, preferisco l'odio di bassa lega, la rabbia fine a se stessa, il disprezzo che soffia nel vento.

Le Masse sono bandiere. E io odio le bandiere.

Non ho più fiducia nel Popolo. In questa parola ricca di romanticismo e vuota di realtà. Il Popolo, che grande menzogna! Nulla di puro di unisce, perché nulla di puro esiste. Nemmeno il più basso istinto ci unisce, nemmeno il bieco interesse riesce a farci marciare uniti. Siamo divisi, quindi non siamo Popolo. Non potremo mai essere uniti, quindi non saremo mai Popolo.

Il Popolo è un'utopia. E io odio le utopie.

Non ho più fiducia nel Noi. Nell'idea che insieme si possa vivere bene. Forse si può solo vivere meglio o - per essere più precisi - meno peggio. Chi vuole vivere meno peggio, chi si accontenta di sopravvivere, scelga convintamente il Noi. L'uomo è un animale sociale, disse una volta un Saggio. Sbagliando. Non c'è nulla di sociale nell'Uomo. Egli è solo un animale, e nemmeno il migliore tra gli animali. Perché mette le catene agli altri animali, senza rendersi conto delle catene - economiche, politiche, sociali, culturali, religiose, sessuali - che mette quotidianamente a se stesso.

Noi è un carcere. E io odio il carcere.

Credo soltanto nell'Io. E faccio fatica persino in questo. E' l'ultimo slancio di ottimismo che mi concedo. Stanco, solitario, ma ancora con un briciolo di speranza. Non provate a essere Noi, non ne sarete capaci. Non ne saremo capaci. Che ognuno provi a essere Io. 

La Rivoluzione è una Tempesta. L'Io è la Goccia.


Il Padre

Il Conflitto è padre di tutte le cose, di tutte re; e fa degli uni dèi, degli altri uomini; gli uni schiavi e gli altri liberi.

(Eraclito)


Risposta di libertà

L'ateismo è l'unica risposta saggia a una domanda di un mondo migliore.

Chiunque voglia, desideri, aneli un miglioramento delle condizioni di vita di tutti e di ciascuno, non ha alcun dio a cui affidare questa speranza. La domanda di un mondo, di una vita migliore non ha risposta in questo o quel culto, ma solo nel lavoro dei singoli e della comunità.

Siccome ha compreso questa semplice, ma fondamentale verità, l'ateo è l'unico uomo libero in una umanità in catene. Egli non ha bisogno di porre la propria volontà e la propria speranza di cambiamento in alcuna divinità, perché sa che se una divinità esistesse e potesse realizzare tale cambiamento, l'uomo sarebbe schiavo di questa divinità. 

E nessun cambiamento reale è possibile senza la libertà. 

L'ateo confida soltanto in sé, nella propria Ragione, nelle proprie conoscenze e nella saggezza - forse dovremmo dire sapienza - collettiva, nella comunità internazionale di scienziati e studiosi che cercano la Conoscenza, non la fatua Illuminazione divina.

La Ragione ha dei limiti, si dirà. Nessuno li nega, anzi vogliamo indagarli e, ove possibile, superarli o preparare il terreno affinché siano altri, dopo di noi, a superarli.
Per superare i limiti della Ragione, però, ci voglio anni di lavoro e di studio.
Per superare i limiti della Religione, invece, basta semplicemente spegnerne la fatua Illuminazione.

Pietra tra le acque

Tutto deve essere fluido. La società fluida, la politica fluida, l'economia fluida, il pensiero fluido, persino la sessualità fluida. Ciò che non è fluido, deve diventarlo. E se non lo diventa, che venga distrutto!

Così ragiona l'Uomo Contemporaneo. Così vuole che ragionino tutti. Tutto deve essere fluido, acquoso, annacquato. Le divergenze? Vanno risolte. I conflitti? Inutili sprechi di tempo e fatica, meglio gli accordi, gli inciuci, i compromessi.

Un continuo susseguirsi di "si, però", una infinita sequenza di "ma anche". Nulla è definitivo, stabile, in piedi. L'Uomo Contemporaneo si riempie la bocca di frasi filosofiche orientali. Blatera di essere come canna di bambù, che si piega al vento, senza mai spezzarsi.

No.
Esistono anche uomini che non la vedono così. Uomini che preferiscono spezzarsi, piuttosto che piegarsi. Uomini in mezzo a queste acque paludose scelgono di non seguire la corrente, né di risalirla andando controcorrente.

Uomini che rispetto ai flutti decidono di essere scogli. Pietre tra le acque. E vedremo se il fiume riuscirà a distruggerci, o si prosciugherà nel tentativo.

RIVOLUZIONE, VIOLENZA, ANTIAUTORITARISMO

"Noi crediamo che solo la rivoluzione violenta può risolvere il problema sociale, allo stato in cui oggi si trovano i paesi delle varie parti del globo, stato determinato o comunque influenzato dalla fase acuta del capitalismo borghese o di Stato.

Ma non bisogna credere che la violenza rivoluzionaria, solo perché l’abbiamo definita “difensiva”, debba essere impiegata per forza dopo che le forze reazionarie abbiano scatenato la loro offensiva, abbiano attaccato lo schieramento rivoluzionario, oppure, il che è ancora peggio, abbiano posto in atto una controrivoluzione preventiva. Credere in ciò sarebbe vero e proprio suicidio.

La violenza rivoluzionaria è organizzazione preventiva ed attacco preventivo contro le forze borghesi, è lotta contro le istituzioni statali, è specifica ricerca dello scontro, sollecitazione del cedimento della sovrastruttura statale". 

Alfredo Maria Bonanno

Cambiamento

Se lo stato di cose presente non ti piace, puoi ignorarlo. Strafregartene. Tentare di vivere indipendentemente da ciò che ti circonda o, alla peggio, resisterle con un ghigno. Tirarti fuori dalla mischia, rifugiarti nel bosco, agire senza agire.
Il Disinteresse è un modo di approcciarsi alla realtà e all'esistenza.

Se lo stato di cose presente non ti piace, puoi tentare di correggerlo. Modificarlo. Smussarne gli spigoli, moderarne gli eccessi, stimolarne la vitalità. Puoi provare a inserirti nel corso del fiume e dirigerne il flusso verso altre direzioni.
La Correzione è un modo di approcciarsi alla realtà e all'esistenza.

Se lo stato di cose presente non ti piace, puoi tentare di cambiarlo. Nessuna correzione, nessuna modificazione: un Cambiamento. Reale e radicale. Reale, perché radicale. Altrimenti non sarebbe un Cambiamento. Non si tratta di smussare gli spigoli, ma di distruggerli. Non si tratta di abbellire una parete, ma di abbatterla. Per poi ricostruire. Quando tutto cade in rovina, si salvano solo le fondamenta. E nulla si costruisce senza le fondamenta. Bastano quelle: i muri, le porte, le finestre, i tetti possono essere divelti.
Il Cambiamento non è un modo di approcciarsi alla realtà e all'esistenza, ma è l'unico sistema per crearne una.

"La voluttà di distruggere è nello stesso tempo una voluttà creatrice."
(M. Bakunin, La reazione in Germania)

La Bestia

Non mi scaglierò mai contro chi è invischiato nelle sabbie mobili della droga. Essendo contrario a ogni forma di dipendenza, da quella fisica a quella psichica a quella esistenziale, non posso che compatire chi invece si lascia sopraffare e incatenare.

Perché di questo si tratta: catene, invisibili catene, molto difficili da spezzare. Qualcuno potrà obiettare: ognuno è libero di scegliere come vivere, anche di vivere in catene. E' una obiezione che comprendo, ma che non approvo. 

La libertà della schiavitù non è mai libertà.
La libertà dalla schiavitù, da qualsiasi forma di schiavitù, è l'unica libertà.

Questo discorso vale per tutti: per il più democratico tra i democratici e per il più fascista tra i fascisti. E vale anche in questo caso, quando l'essere spregevole di cui tutti stanno parlando viene colpevolizzato per aver fatto uso di droghe.

No. Quell'essere spregevole merita odio e disprezzo per quello che ha fatto e scritto in questi anni. Per aver creato una macchina infernale di Odio e Disprezzo sociale, chiamata per l'appunto La Bestia. Quell'essere spregevole merita il disgusto che personalmente provo per la sua persona per ciò che ha realizzato, non perché avrebbe fatto uso di sostanze stupefacenti.

Anche Al Capone andò in galera per evasione fiscale, ma il vecchio boss italo-americano meritava odio e disprezzo perché era un lurido mafioso, non perché non pagava le tasse.

Sulla violenza

Ho visto pagine e pagine farcite di parole come violenza, violenti, terroristi, quando si parlava di una vetrina infranta o di un auto da ricchi data alle fiamme.

Non ho mai visto pagine e pagine farcite di parole come violenza, violenti, terroristi, quando si parlava di morti sul lavoro, di padroni che licenziano con un messaggio whatsapp, di turni lavorativi di 12 ore per 400 euro al mese.

La violenza è a uso e consumo del Potere: spesso la chiama addirittura Giustizia e la delega a questo o quel braccio armato. La violenza "legale", così amano definirla.
Ebbene, la violenza legale è sempre contro i lavoratori, contro i cittadini, contro il Popolo. In una parola: contro la Plebe.

La Plebe non ha diritto alla violenza "legale" né le converrebbe, perché tale violenza è per natura conservatrice, reazionaria, antisociale, controrivoluzionaria.

Per questo motivo, la Plebe può utilizzare una sola violenza: quella rivoluzionaria. Che può essere una violenza offensiva, cioè atta a sovvertire lo status quo, oppure - anzi, molto spesso - può essere violenza difensiva, di resistenza, contro la violenza "legale" del Potere.
In entrambi i casi ha una valenza rivoluzionaria, perché rompe lo schema.

Ho detto lo schema, non la vetrina.

"La violenza è rivoluzionaria, quando è adoperata a liberarsi dall'oppressione violenta di chi ci sfrutta e ci domina; appena essa si organizza a sua volta, sulle rovine del vecchio potere, in violenza di governo, in violenza dittatoriale, diventa controrivoluzionaria."
(Luigi Fabbri)

La mia felicità nella felicità altrui

"C’è sempre stato  nella mia natura un difetto capitale: l’amore del fantastico, delle avventure straordinarie e inaudite, delle imprese dagli orizzonti illimitati e dei quali nessuno può prevedere il risultato. In un’esistenza ordinaria e calma soffocavo, mi sentivo a disagio. Gli uomini normalmente cercano la tranquillità e la considerano come il bene supremo; in quanto a me, mi metteva disperazione; il mio spirito era in continua agitazione, e voleva azione, movimento, vita.  

[…]  

Questo bisogno, aggiunto dopo all’esaltazione democratica, è stato per così dire il mio unico impulso. Questa esaltazione può essere definita con poche parole: l’amore della libertà ed un odio invincibile per ogni oppressione, odio tanto più intenso quando questa oppressione riguardava altri e non me. Cercare la mia felicità nella felicità altrui, la mia dignità personale nella dignità del mio prossimo, essere libero nella libertà degli altri, ecco tutto il mio credo, l’aspirazione di tutta la mia vita. Consideravo come il più sacro dei doveri quello di rivoltarmi contro ogni oppressione, chiunque ne fosse l’autore o la vittima."

(M. Bakunin, Confessione)

Due parole a Ratzinger

"Il concetto di 'matrimonio omosessuale' è in contraddizione con tutte le culture dell'umanità che si sono succedute sino a oggi, e significa dunque una rivoluzione culturale che si contrappone a tutta la tradizione dell'umanità sino a oggi".

Con queste parole, un ex Papa costretto a dimettersi per mai chiariti motivi, ha voluto far sapere al mondo la sua posizione sui matrimoni omossessuali.

Lo ringrazio, ma poteva tenersi il fiato in gola e risparmiare energie: la Chiesa, di cui lui è stato il capo, non ci ha mai capito una ceppa di sessualità, sia omo quanto etero. Lo ringrazio, però: con queste affermazioni ha confermato che la mia posizione sui matrimoni omosessuali è giusta, anzi sacrosanta.

"E' in contraddizione con tutte le culture dell'umanità che si sono succedute".
Diceva quindi il falso Svetonio, che nelle Vite dei dodici Cesari parlava di un doppio matrimonio omosessuale contratto da Nerone: con un fanciullo di nome Spuro e, qualche anno dopo, con un liberto di nome Pitagora.

Scriveva stupidaggini Cassio Dione, che pubblicò una Storia Romana in ottanta libri, nella quale parlò di un altro celebre sposalizio omosessuale: quello tra l'imperatore Eliogàbalo e il suo amante prediletto, l'auriga Ierocle. Pare che l'imperatore  amasse rivolgersi al consorte chiamandolo "marito", mentre egli stesso si definiva la sua "regina".

Evidentemente per il fu Papa Ratzinger l'Impero Romano non appartiene alle culture dell'umanità. Buono a sapersi.

"Significa una rivoluzione culturale che si contrappone a tutta la tradizione dell'umanità sino a oggi".
Che bello: l'umanità fa talmente schifo, ha raggiunto un livello così basso dal punto di vista culturale, ha prodotto classi dirigenti talmente inette e ignoranti, che qualsiasi atto possa "rivoluzionare" lo status quo va considerato - giusto per citare parole care all'ex pontefice - una "manna dal cielo".
Il matrimonio omosessuale rompe con la gretta tradizione di cui ancora oggi notiamo gli avariati frutti? Ottimo, ben venga!

Voglio essere chiaro: pur non avendo NULLA, e sottolineo NULLA, contro chi decide di non sposarsi, personalmente credo nel matrimonio, tanto è vero che mi sono sposato.
E credo in ogni forma di matrimonio: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, ecc...

Il bigottismo è una forma della Modernità. 
E a me, la Modernità, non piace.
Solo gli stolti credono che le preferenze sessuali siano un prodotto dei tempi recenti.
Esse sono antiche quanto l'Uomo.

Inferno

"Se la Terra ci sembra un inferno è soltanto perché siamo convinti che debba essere un paradiso."

Il problema è mettersi d'accordo. Su cosa sia questo dannato paradiso di cui blaterano da secoli, anzi da millenni.

E a blaterare sono sempre loro: i patrizi debosciati, i sacerdoti dello status quo, i padroni del vapore, i ceti dominanti.
Vendono paradisi a targhe alterne. Se non hai contante fresco, nessun problema: ci sono le rate. Degli splendidi paradisi a rate.
Artificiali, naturali, virtuali, reali, onirici: paradisi per tutti, venghino signori, venghino.

Forse è per questo che qualcuno - pochi, pochissimi, ma ci sono - ha smesso di rincorrere i vostri paradisi.
Qualcuno ha smesso di desiderarti, di sognarli, persino di impegnarsi per andare a finire lì.
Invece che ballare le vostre musiche, meglio il silenzio. Di fronte alle vostre splendide luci, meglio il buio. 

Quando capiremo che il paradiso non esiste, smetteremo di temere anche l'inferno. 

Respiro (poesia)

 Respiro,

Il mondo è in apnea

ma io respiro,

automatismi urbani

politicamente corretti

soffocano i palpiti della mente,

catene ovunque vengono invocate

e applaudite le mani del carceriere

che stringono il mio collo,

ma io respiro.


L'aria che non passa tra il cemento

dei docili palazzi della City

puzza di afa rancida e vecchiume,

finestre spalancate sulla strada

e sull'oblio dentro le case degli schiavi

chiuse a doppia mandata per paura

di perdere un altro po' di nulla.


Io respiro,

perché mi manca il fiato

e sono vivo,

nessuna lapide mi sta aspettando,

crematemi se accade e poi nel vento,

gettatemi nel vento che respiro.

Riportare il mondo della vita nella tecnologia

"Riportare il sole, il vento, la terra, il mondo della vita nella tecnologia, tra i mezzi necessari all'uomo per la sua sopravvivenza, significa restaurare, in senso rivoluzionario, il legame tra l'uomo e la natura. Restituirgli un senso di dipendenza che contribuisca a valorizzare il carattere unico e distintivo di ogni comunità regionale – di dipendenza, cioè, non generalizzata, ma legata a una regione specifica con caratteristiche peculiari – significa compiere un passo decisivo in direzione di un mutamento radicale di tipo ecologico. Si instaurerebbe così un vero sistema ecologico, basato su un complesso di risorse naturali in un rapporto delicato e perfetto di interdipendenza reciproca, oggetto continuo di analisi, di sperimentazione e di oculate trasformazioni."

Murray Bookchin

Comfort zone

Non tutti cercano allievi, discepoli, adepti. Perché non tutti voglio essere maestri. Sanno che non hanno nulla da insegnare o da spiegare, niente da dimostrare o argomentare.

Non c'è nessuna Tradizione, nessun Sapere iniziatico, nessun sistema filosofico.
Nulla da ascoltare? Si, c'è solo il Nulla da ascoltare.
Nulla da vedere? Si, c'è solo il Nulla da vedere. Non al cinema, però: non lo danno in quelle splendide sale piene di comfort, aria condizionata e pop corn.
Quello che c'è da ascoltare, da vedere, da conoscere, da vivere è davanti ai nostri piedi, se abbiamo voglia di camminare fuori dai sentieri battuti. Se abbiamo il coraggio di rompere con la tradizione, il codice, la consuetudine, la moralità sociale, il sistema dominante.

L'Uomo Libero avanza fuori dalla propria comfort zone, senza sospiri per un passato mitizzato e senza programmi per un futuro immaginifico.
Perché la Libertà è così: senza nostalgie e senza speranze.

Zero Denominatore

Sembra vi sia una dicotomia: o si è sovranista, o si è globalista, tertium non datur.

Il Sovranista ama la "sua" terra, la "sua" patria, il "suo" Popolo, la "sua" bandiera, il "suo" dio. Egli ha un posto nel mondo: il "suo" mondo, un pezzo di terra minuscolo sul globo terracqueo. 

Il Sovranista è pronto a scagliarsi contro tutto ciò che non appartiene al "suo" mondo, che viene visto come una minaccia.

Forse un giorno comprenderà che il "suo" mondo non è suo nemmeno un po' e che lui è solo un servo, un utile idiota nelle mani di chi davvero è proprietario del mondo. 

Forse, ma ne dubito.

Poi c'è il Globalista. Il cittadino del mondo. Anywhere in the world. Il suo Popolo è l'intera umanità, la sua Patria è tutto il pianeta, la sua bandiera ha tutti i colori. Il Globalista non vede minacce, condanna i conflitti, non ama le lotte, figurarsi le rivolte o le rivoluzioni. È pacifista, spesso nonviolento, quasi sempre gandhiano.

Forse un giorno capirà che il mondo non si cambia con gli scioperi della fame e con le mani dipinte di bianco, quando il Potere usa i manganelli e i proiettili.

Forse, ma ne dubito.

Questa dicotomia non esiste, è fasulla. Sovranista e Globalista stanno dalla stessa parte del fiume. Vivono nello stesso mondo, ragionano per proprietà, per leggi, per bandiere, per etichette, per divinità (religiose o laiche).

Io preferisco quelli che stanno sull'altra sponda. Quelli nascosti nel Bosco. Quelli che non hanno nulla di "mio", padroni di nulla e servi di nessuno. Quelli che non hanno affermazioni da fare, ma solo negazioni. Quelli che non hanno verità da  professare, ma esperienze da vivere.

Quelli che sono altro. L'Eccezione. Lo Zero Denominatore, diviso per il quale ogni numero diventa infinito.

Quelli che sono ovunque, ma fuori.

Anywhere, out of the world.

Senza

Non appartengo che a una comunità: quella dei Senza. Senza numi tutelari, senza padri fondatori, senza bandiera colorate, senza confini inventati, senza segni distintivi, senza etichette. 

Agli occhi dei cittadini, la comunità dei Senza compare e scompare, si popola e si estingue, ciclicamente. Quando l'identità di un secolo va fuori corso, quando la sedicente civiltà attraversa un nuova crisi, ecco comparire i Senza.

In realtà ci sono sempre stati. Direttori d'orchestra o primi violini, la loro Sinfonia è scandita dal ritmo del Nulla. Le orecchie della cosiddetta società civile sono sorde a queste note. 

La loro è la Sinfonia del Crollo. Tutto trema, essi no. Perché conoscono la furia distruttrice del Nulla, ma anche l'infinita Libertà che genera. 

E quel veleno che spaventa la società, quel veleno contro cui il Potere non ha ancora trovato un antidoto, scorre nelle loro vene. 


Oltre nessuna linea

Ci riempiono la testa di obiettivi da raggiungere, di livelli da superare, di linee da oltrepassare.

E noi ci convinciamo che la nostra essenza sia in quell'obiettivo, sopra quel livello, oltre quella linea.

Quando poi rompiamo il giogo e conosciamo, anche se per un solo istante, la gelida fiamma della Libertà, comprendiamo che la nostra essenza non ha una linea da superare.

Sono io il mio obiettivo, la mia linea sono io. 

La fratellanza dell'ira

"La dialettica radicale non getta la parola come una bottiglia vuota: una comune sapienza insegna ogni giorno agli insorti di quale uso creativo si ricarichino le bottiglie. È questa stessa la sapienza che qui prende la parola: essa non ha da comunicare ad altri che al suo bersaglio. La fratellanza dell’ira non ha bisogno di dottori. Sappiamo tutto di noi, da quando sappiamo che ognuno di noi è il semplice contrario di tutto ciò che lo nega. Nella dialettica radicale, parla una coscienza che si separa per sempre dall’infelicità."

Il Rovescio

Promessa

"Gli anarchici non promettono niente a nessuno. Gli anarchici vogliono solo che le persone siano consapevoli della propria situazione e si afferrino la libertà per se stesse."
                                                                                          (Marusja Nikiforova)

Le persone sono ossessionate dal Dopo. Non muovono un dito se non sanno cosa c'è Dopo. I politicanti lo sanno bene e non fanno altro che prometterne uno:
Dopo le elezioni, faremo...
Dopo aver vinto, realizzeremo...
Dopo questa fase, inizieremo...

La gente crede a queste promesse. In larga parte.
Di conseguenza non crede a chi invece non fa promesse. A chi non ha una soluzione prestabilita, un copione già scritto, un disegno già pronto.
Non crede a chi vuole lasciare il foglio bianco, perché ognuno possa disegnarci sopra. In libertà, in autonomia e, perché no, insieme a qualcun altro.

Io ho deciso di non promettere. Non ho certezze incrollabili, non ho verità in tasca, non ho ricette sociali, politiche, culturali, economiche per ciò che avverrà Dopo.
A me interessa il Durante. Hic et nunc, non chiedo altro.

Cosa verrà Dopo? Spero Rovine.
Perché solo sulle Rovine si potrà costruire qualcosa di veramente nuovo.


Ombra

"Il nulla è l'ombra di Dio", diceva Dàvila.
Si sbagliava.

Per fare ombra, qualcuno o qualcosa deve esistere. Non è il caso di Dio.

Per esserci ombra, qualcosa o qualcuno deve fare luce, dice la vulgata. Ma la luce non è altro che assenza d'ombra. È una imperfezione del Nulla. Può essere piacevole, inebriante, ma anche accecante, menzognera. 

Il Nulla è l'ombra.
Punto.
Basta così.

20 anni oggi. Non dimentiCARLO.

"Indomita Genova, le lacrime di luglio, infondere paura come forma di controllo"
 (Linea 77, Fantasma)

Quel luglio era vent'anni fa. Eravamo tutti vent'anni più giovani, avevamo vent'anni di esperienza in meno, vent'anni di pensieri in meno, vent'anni di stanchezza in meno. L'unica cosa che non è diminuita è la Rabbia. Magari oggi sappiamo tenerla più a bada, sappiamo morderci la lingua quando bazzichiamo la periferia della sedicente "società civile" ed evitiamo di azzannare alla giugulare l'ennesimo interlocutore stronzo che incontriamo sul nostro cammino. Uno che non fa differenza tra NoTav e NoVax, tanto per restare all'attualità.

Allora no, era diverso. Allora si voleva urlare, camminare, correre, scrivere, suonare, cantare, creare, dipingere la nostra Rabbia. Perché ci stavano fregando il presente e il futuro, ce n'eravamo accorti tutti, ma la narrazione mainstream faceva già presa sui più pavidi di noi. Meglio una confortevole bugia che un dura verità. E se la confortevole bugia viene rafforzata a colpi di manganellate, di ossa spaccate, di testicoli fracassati, di setti nasali deviati, beh... ce la faremo piacere ancora di più.

Oggi sono vent'anni che in Italia si è verificata "la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale": a dirlo fu Amnesty International, non proprio un network internazionale di Black Bloc.

Già, il Black Bloc. Il Blocco Nero. Esisteva prima di Genova ed esisterà dopo.
Infiltrati dalla polizia? Non mi stupirei.
Anarchici? Certo che si, ma di un'Anarchia antisociale, un nichilismo anarchico distante dall'anarchismo "classico", quello più conosciuto.
Violenti? No, loro stessi controbattono: Non siamo violenti, siamo vandali. Non fracassiamo ossa, ma vetrine. Non incendiamo corpi, ma lamiere. 
A che serve? Perché? Domande stupide. L'utilità dell'azione non è contemplata, "siamo anarchici di prassi, non di teoria" erano soliti e sono soliti dire; la motivazione è sempre la stessa: negare. Negare che questo mondo possa essere cambiato. 

Un altro mondo è possibile? Naaaaaah...
Un altro mondo è necessario? Assolutamente.
Per realizzarlo, però, bisogna prima ridurre in macerie l'esistente.
Dalle rovine del vecchio mondo potrà nascere un nuovo mondo, non altrimenti.

Se i violenti coi caschi blu avessero battagliato coi vandali in tuta nera, probabilmente in tanti non avrebbero avuto nulla da obiettare. Anzi, c'è da giurare che in molti avrebbero tifato per i primi, ché il Blocco Nero non gode certo di grandi simpatie dentro le manifestazioni.
Invece i violenti coi caschi blu consentirono ai vandali in tuta nera di sfondare, distruggere, disintegrare qualsiasi cosa. Senza muovere un dito. Poi passava Mani Tese o la Rete di Lilliput... e giù manganellate come se non ci fosse un domani. Mani dipinte di bianco si tinsero di rosso. Rosso sangue.

Napoli era stata la prova generale di Genova. La Raniero e la Pastrengo come Bolzaneto. Poi ci sarà anche la Diaz, la macelleria messicana, di cui non si conoscerebbe la verità se a essere massacrati, tra i tanti, non ci fossero stati anche i giornalisti di mezzo mondo.
Ricordate le prove inventate? Le mazze prese da cantiere e mostrate come se fossero state ritrovate nella Diaz? Ricordate le molotov realizzate ad arte per essere mostrate alle telecamere? Chi ha gestito Bolzaneto, chi ha deciso e diretto la Diaz, chi ha curato l'organizzazione e la gestione dell'ordine pubblico a Genova, non è stato cacciato a calci in culo insieme a qualche centinaio di vespasiani in divisa, come sarebbe dovuto accadere in un Paese civile.
No, sono rimasti tutti lì, al loro posto. Come gli assassini di Aldrovandi o di Cucchi. Nessuno gli ha tolto la divisa e il distintivo. Anzi, in molti hanno fatto carriera. I loro servigi per Genova andavano premiati...

Ero presente a Napoli. A Piazza Municipio, a Largo di Palazzo. Ho visto coi miei occhi la violenza inumana, oserei dire chimicamente forsennata, dei "tutori dell'ordine". Non andai a Genova, causa impegni personali. Chi ci andò vide le stesse scene di Napoli, ma all'ennesima potenza. Napoli era stata la prova generale, Genova la rappresentazione finale. Il colpo di grazia. Il colpo di pistola. Se fosse morto uno dei loro, sarebbero stati contenti. Invece morì un ragazzo con passamontagna ed estintore: rappresentazione perfetta del manifestante violento. A sparare, secondo la cosiddetta Giustizia italiana, fu un carabiniere alle prime armi, al quale sabotarono i freni qualche anno dopo e per poco non rimaneva ucciso, ma sono solo coincidenze, si sa... 

A morire fu un ragazzo con passamontagna ed estintore, ma non fu sufficiente. Dovettero prima dire che fu ucciso da un sasso, lanciato da un altro manifestante. Poi che ad ucciderlo fu una pallottola sparata in aria che colpì il tettuccio del defender, fu deviata dall'estintore e, dopo una parabola a foglia morta, fracassò il cranio del ragazzo. 

Quando uno dice menzogne è perché ha qualcosa da nascondere. Perché ha la coscienza sporca come l'asfalto macchiato di sangue, come l'aria irrespirabile dei lacrimogeni, come le urla di chi viene manganellato senza aver fatto nulla.
Non esiste menzogna senza colpa, figlio mio. Non dimentiCARLO mai.


Follia

C'è chi ha scritto un elogio alla follia.
C'è chi non lo ha mai letto, ma si atteggia a folle. Solo quando la follia si porta, è di moda, è trendy.
Altrimenti Erasmo da Rotterdam può tornare a essere un terzino del Feyenoord, chi se ne fotte.

Una follia per amore? Ce n'è una, una soltanto: amare. Volete fare una follia per amore? Amate alla follia. 

La follia del Corvo. Tornare dalla Morte, in mezzo ai vivi. Che sono tutti morti, solo che ancora non lo sanno. 

La follia del Joker. Ha tanti ammiratori e pochissimi seguaci. Non tanto materialmente - posso capire la difficoltà -, ma persino filosoficamente.

La filosofia è cosa inutile, dice la plebaglia, che non è manco degna di essere chiamata Plebe.
Con la filosofia non si mangia, afferma la Massa beota.
E chi non è d'accordo con queste due affermazioni è un Folle, un reietti, un disadattato.
Meglio così. Decisamente meglio così. 

"Un'esistenza che non nasconda una grande follia è priva di valore" 
(E. Cioran, "Al culmine della disperazione") 

John Teller

"Avevo sedici anni, facevo l'autostop al confine col Nevada. La citazione era scritta su un muro con la vernice rossa. Quando vidi quelle parole fu come se qualcuno me le avesse strappate da dentro la testa:

"Anarchia significa liberazione della mente umana dal dominio della religione, liberazione del corpo umano dal dominio della proprietà, liberazione dalle catene e dalle restrizioni del governo. Significa un ordine sociale basato sulla libera associazione degli individui." 

Il concetto era puro, semplice, vero. Fu un'ispirazione, accese un fuoco dentro di me. Ma alla fine imparai la lezione che avevano imparato la Goldman, Proudhon e gli altri, e cioè che la vera libertà richiede sacrificio e dolore. Le persone pensano solo di volere la libertà, in realtà agognano la schiavitù dell'ordine sociale, leggi rigide, materialismo. L'unica libertà che l'uomo desidera è la libertà di stare bene."

Logorio

Una delle massime maggiormente utilizzate dai conservatori e dai reazionari è "il Potere logora... chi non ce l'ha!". In questa frase viene espressa in maniera ironica una verità a cui, chi esercita il Potere, crede ciecamente. E ci credono anche i tanti che anelano il Potere, lo desiderano come l'Anello di Tolkien.
Perché il Potere a quello serve: a domare, a ghermire, a incatenare.

Per questo motivo, chiunque eserciti il Potere è schiavo dello stesso. Il sovrano, sia esso una persona o uno Stato, ossia una oligarchia di persone, anche quando è Legibus solutus, resta comunque schiavo del Potere. Non sarà mai completamente libero.
Eguale schiavitù subiscono, anzi accettano, coloro i quali desiderano il Potere. Per questi mendicanti delle classi medioalte, per questi accattoni in giacca e cravatta, per questi morti di fame col portafoglio più o meno gonfio, la bramosia di Potere assurge a essenza delle loro esistenze, a scopo vitale, a obiettivo principale e ultimo.
Sovrani o sudditi, tutti sono schiavi del Potere: i primi perché devono esercitarlo e, per questo, vogliono conservarlo; i secondi perché vogliono conquistarlo e, in seguito, esercitarlo.

Il Potere è sempre azione. E' schiavo dell'azione. Chi ha il Potere non può non fare. Il Potere di non fare niente è una mera illusione. Un potere che non esercita azione, un potere non esercitato non è Potere.
La schiavitù dell'azione è antitetica alla libertà della non-azione. I buddisti la chiamano wei wu wei, azione senza azione. Non è semplice astensione dal fare, ma volontà di accordarsi con i battiti del divenire, che poi sono i palpiti del Nulla. E' la legge della Cedevolezza su cui è basato il Jujitsu: abbattere il Potere attraverso la sua stessa forza.
Il Potere è sempre azione, coercizione, imposizione. Non può non esserlo, anche se mosso dalle più nobili intenzioni.

Il Potere logora.
Sempre, coloro che lo detengono.
Sempre, coloro che non lo detengono... ma vogliono averlo.

Esistono, però, anche quelli che non hanno nessun desiderio di Potere. Quelli che sanno che "non esistono poteri buoni" e che anche il Potere più filantropo e solidale che possa essere immaginato è comunque frutto di coercizione, di dominio, di gerarchia.
Esistono quelli che disprezzano la gerarchia, combattono il dominio, fuggono dalla coercizione. 
Per loro 

Essi non vogliono il Potere. La loro volontà esercita la Potenza, non il Potere. 
Proprio perché la loro volontà non desidera ciò che tutti chiamano Potere, essa è così potente! Tanto potente da riuscire a essere iconoclasta, a cancellare consuetudini, a disintegrare muri e colonne, ad abbattere i vecchi idoli.

Essi sono gli unici realmente liberi. Essi sono gli Unici, realmente liberi.
Perché sanno riconoscere la carica nichilista di ogni Potere.
E' quella carica, quel nichilismo a produrre dolore, schiavitù, logorio.

"Il Potere logora chi non ce l'ha. Perché vorrebbe averlo.
Se uno smette di volere il Potere, avrà la Libertà."

Dopo

"L'Immortalità è la perpetuazione in eterno di un Grande Errore.
Noi dobbiamo morire, perché solo così avremmo vissuto."

La Morte spaventa. Perché non si conosce e ciò che non conosciamo ci fa paura.
Nessuno è mai tornato dall'Ade o dal Valhalla a raccontarci cosa ci sia "dopo". Tutti sperano che "dopo" ci sia comunque qualcosa o, perché no, qualcuno. Un nostro antenato, un nostro amico, il nostro Amore.
Non esiste civiltà che non abbia avuto, tra i propri miti fondativi, quello del Dopo. Se possiamo accettare che il nostro corpo cessi di esistere qui, su questo mondo, ci riesce più difficile accettare che la stessa sorte tocchi anche all'anima, allo spirito.
Tutti desiderano un'anima immortale, incorruttibile dal tempo e dallo spazio, che possa veleggiare sui venti dell'esistenza. Finalmente libera.
La vita sembra avere senso se si ammette che non finisce con la morte, ma che anzi continui, si perpetui, sino alla fine dei giorni.

E' arrivato il momento di dire NO. E' giunta l'ora di negare l'esistenza di un Dopo.
La giostra finisce hic et nunc, su questa terra. Ognuno fa i suoi giri - qualcuno ne farà purtroppo pochi, qualche altro decisamente troppi! - e poi la giostra si ferma. E non riparte più. Per tutti e per ciascuno.
Dobbiamo imparare ad amare la Vita per quella che è: un Momento, una pausa, un interludio. Può essere un Momento delizioso o tragico, talvolta dipende persino da noi, ma è pur sempre un Momento. 
La vita è l'Eccezione, il grande errore del Nulla.
Se fossimo immortali, nel corpo come nello spirito, questo grande errore sarebbe perpetuo.
E lo stesso farebbe anche il nostro errore: pensare che la vita abbia un senso solo se non termina con la morte, ma se c'è un Dopo.

No, non è così, anzi non deve essere così.
Non è valicando i confini della Morte, invadendola con la nostra immortalità, che la Vita assume valore.
Al contrario: è proprio valicando i confini della Vita e addentrandoci nell'immortalità della Morte che la nostra Vita si compie. Perché si conclude.
E di noi, forse, non rimarrà altro che un ricordo.
Tra polvere e ossa.

La mente seguirà

Tutti hanno demoni e qualche tipo di debolezza. Io, tu, chiunque stia leggendo.

Siamo educati ad "accettare" la nostra debolezza, ma come? Accettalo come parte di te stesso, perfetto così come sei, hai solo bisogno di essere amato.

Cazzo no.

Dire "accetta te stesso" significa ammettere che odi qualcosa di te stesso. Significa che c'è qualcosa di sbagliato che non sei in grado di accettare.

Se vuoi veramente amare te stesso, migliora. Trova la volontà di superare ciò che odi con un po' di disciplina, inizia dalle piccole cose quotidiane.

C'è solo una vita e la stai spendendo fidandoti di slogan solo per sentirti un po' meglio e cercando di dimenticare quanto ti odi.

La debolezza e la paura sono essenziali: accettale, ma per vincerle, dominarle. Finché non cercherai di accettare ciò che odi, la paura ti dominerà, e tu non sarai altro che un debole, il peggior tipo di debole, colui che decide volentieri di essere uno. E potresti non essere abbastanza fortunato da avere qualcuno di forte vicino a te.

Eracle che uccide l'Idra, Thor che uccide i giganti, Ülgen che combatte i demoni di Elrik. Sono tutti simboli di forza che trionfa sull'ego e sulla paura, e come ogni atto di forza chiedono un momento di rischio e un'esistenza di allenamento.

Quei miti vivono dentro di te, nella mente e nel sangue, e sono qui per ricordarti che sei più forte e più audace di qualche slogan da social network facile da vendere.

La grande macchina sta cercando di farti sentire al sicuro e ok.
Cerca invece di vivere al di fuori della sicurezza.
Cerca i luoghi del potere, dell'onore e delle leggende.

Inizia con il tuo corpo e la tua mente seguirà.

Leo, Dire Dogs