Gerarchia dello Spirito

Quando nasciamo, siamo tabula rasa. Tutti uguali, tutti con zero esperienze e zero conoscenze. Questo sosteneva Aristotele, poi ripreso da Rousseau e da altri filosofi e scienziati progressisti. 
No, non è vero. La psicologia e l'innatismo dimostrano che abbiamo già un patrimonio di conoscenze diverso gli uni dagli altri, al momento della nascita. Conoscenze pre-esperenziali, con buona pace dei materialisti talebani.
Purtroppo c'è gente, anzi gentaglia, che partendo da questo assunto determina differenze biologiche, psicologiche, etniche tra le persone. Nulla di più sbagliato, di più folle. Se differenze ci sono, esse sono talmente minime che è impossibile determinare una scala di valore. Nasciamo leggermente diversi gli uni dagli altri, ma tutti sul gradino più basso della scala.

Col passare degli anni, però, le cose cambieranno. Qualcuno farà balzi in avanti mentre altri faranno piccoli passi, qualcuno raggiungerà vette mentre altri arriveranno al massimo in collina. 
Da cosa dipende? Dal caso, dalla fortuna? 
Dall'appartenere ad una famiglia ricca o a una povera? 
Dall'avere la pelle bianca o nera? 
O dal prodigo intervento di Madre Natura oppure di qualche divinità benevola?

Niente di tutto ciò. La fortuna non esiste. 
Il mondo è pieno di figli di papà pieni di soldi e poveri di tutto il resto. 
Tra bianchi e neri c'è la stessa differenza che intercorre tra biondi e bruni. 
Madre Natura ha talmente tanti figli che non può preoccuparsi della riuscita di uno solo. 
Sulle divinità... beh, quando qualcuno ci dimostrerà l'esistenza di un dio qualunque, lo prenderemo in considerazione.

Ciò che determina la differenza, quindi, è la Fame: di sapere, di conoscere, di provare, di vivere. Ci saranno sempre persone che divoreranno libri, visiteranno luoghi, metteranno a dura prova il loro corpo e la loro mente, metteranno in discussione loro stessi e le loro idee nel confronto e nello scontro con gli altri. In poche parole, arricchiranno e potenzieranno il loro spirito. 
Di converso, ci saranno sempre persone ignoranti, che ragioneranno con la pancia invece che col cervello, che avranno risposte certe su ogni argomento, che nei confronti dell'altro sapranno prevaricare o leccare il culo. In poche parole, depaupereranno il loro spirito.
"Non c'è gerarchia, se non nello spirito"

Metastasi

Siate disposti a perdere la faccia di fronte alla società, ad essere messi nel mirino come lupi tra le pecore, ad essere demonizzati da deliranti sinistre o da ottuse destre: più necessitano di inquadrarti più ti temono.

Dopo centinaia di rituali, denti rotti, notti selvagge nella cenere e nel sangue, occhi neri, cicatrici, dopo infinite avventure affrontate nel giro di pochi anni in capo al mondo, dopo sfide, situazioni impervie e al limite, solo una cosa mi è chiara: siate pronti a tutto pur di non perdere la faccia, la libertà e l'onore di fronte ai vostri fratelli.

L'essere umano porta con sé la metastasi della politica.

Lo rende debole, rende la sua vita inutile e sprecata.

Mirate oltre il Sole che cala, perché sul cammino del Lupo solo le azioni parlano per voi, i vostri corpi parlano per la vostra anima pregna di violenta libertà.
Fate silenzio.

Dilemma tragicomico

Se non fosse tragica, la situazione sarebbe comica e farebbe ridere a crepapelle. 
Mi riferisco ai tanti filosofi, saggisti, storici e studiosi della Conflittualità contemporanea, in particolare a quelli che si pongono su posizioni antimoderne. Fanno ridere perché riempiono pagine e pagine di libri, di blog, di siti d'informazione, di riviste spiegandoci che il loro è un discorso "meta-politico" o, addirittura, "pre-politico", salvo poi ritrovarli a partecipare alle iniziative di questo o quel partito di estrema destra. 
Parlano dell'Anarca di Junger e poi appoggiano la Lega di Salvini. Citano Evola e scrivono sul Primato Nazionale, organo di Casapound. Si dichiarano pagani e sono iscritti a Fratelli d'Italia. Si decidano, una buona volta: o si schierano fieramente su posizioni antimoderne e quindi rifiutano in toto la società moderna, il suo sistema economico capitalista, il suo mercantilismo, il suo ateismo devoto a questa o quella religione, oppure appoggiano i partiti politici che di questa modernità sono esempio e scempio.
Tertium non datur.

Duplice fallimento

Poteva essere la prova d'appello per l'Umanità. Finalmente si poteva affrontare un problema globale ragionando come specie e non come semplice somma di stati nazionali. Purtroppo bisogna constatare che anche questa prova è stata miseramente fallita.
La pandemia che ha sconvolto il pianeta negli ultimi mesi aveva fatto sperare che, finalmente, gli esseri umani cominciassero a pensare e a pensarsi come comunità, come "terrestri". Invece no: dopo i primi tempi di vuota e menzognera solidarietà umana, si è passati subito allo scontro, alla ripicca, alla polemica di piccolo cabotaggio. L'umanità ha ripreso a ragionare secondo bandiere, steccati, confini: secondo le logiche giacobine degli stati nazionali. Statunitensi contro cinesi, ma anche italiani del nord contro quelli del sud e viceversa. Ognuno ha pensato ai fatti suoi: la Germania, la Svezia, l'Inghilterra.

Il nazionalismo, che è l'ennesimo prodotto dello stato nazionale, nonostante da decenni filosofi e storici vogliano far credere che il nazionalismo preceda la nascita degli stati, ha mostrato la propria totale incapacità di affrontare l'esistente. Trincerati dietro tricolori massonici e bandiere più o meno trendy, gli esseri umani si sono divisi su tutto e non sono stati capaci di affrontare questo maledetto virus contrapponendogli una risposta globale, transnazionale, planetaria.

Cosa rimane, quindi? Rovine, nient'altro che rovine. L'universalismo giacobino e il nazionalismo vecchio e nuovo - che alcuni chiamano "sovranismo", come se cambiare un nome fosse sufficiente a modificare un'essenza - hanno dimostrato di essere due facce della stessa medaglia, entrambi incapaci di fronte alla pandemia. Il loro duplice fallimento è sotto gli occhi di tutti, vedenti o meno.
Tra le rovine, forse, l'unica fiaccola ancora accesa è rappresentata dall'idea che piccole comunità tra loro omogenee innanzi tutto per motivi ideali ("Nell'idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l'essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l'essere della stessa idea è quel che oggi conta", J. Evola) possano sottrarsi al giogo universalismo/nazionalismo e reagire alla decadenza moderna. Una volta le chiamavamo tribù, clan, persino popoli, prima che questa parola assumesse, col secolo dei Lumi, un significato del tutto opposto a quello reale.
In che modo questi piccoli gruppi coesi di uomini possono farcela? Ritirandosi jungerianamente nel bosco, oppure combattendo l'esistente negandogli ogni vacua possibilità di riforma.

Post Quarantine

La quarantena aveva fiaccato lo spirito. Per questo il corpo si era lasciato andare, cedendo alla monotonia della clausura. 
Poi lo spirito si è ridestato, perché nulla è peggio della routine quotidiana pre-covid. Quel casa-lavoro-casa non era migliore del lock down. Lo spirito allora ha reagito, abbandonando ozio e tedio. Ha ripreso a macinare interessi, idee, passioni, riflessioni, volontà. Il corpo ci ha messo un po' ad andargli dietro e ancora arranca, fa fatica.

Ma la fatica è la dimostrazione che siamo ancora vivi.