La guerra è la salute dello Stato

"Associando queste vigorose tendenze presenti nell’individuo - il piacere del potere e il piacere dell'obbedienza - l’istinto gregario diventa un fattore irresistibile nella società. La guerra stimola questo fattore al più alto grado possibile. Essa convoglia gli influssi della misteriosa corrente del branco, dilatando il potere e l’obbedienza verso gli ambiti più lontani della società, raggiungendo ogni individuo e qualsiasi piccolo gruppo riesca a coinvolgere. E lo Stato - l’organizzazione dell’intero branco, dell’intera collettività - si basa proprio su questo istinto e lo utilizza a fondo."

(Randolph Bourne)

Ogni forma di dominio ha bisogno di dominati. Ogni potere, per essere tale, deve esercitarsi sulla massa. Più è pecorile la servitù della massa, più il Potere rischia di rimanere sul trono per un tempo lungo, quasi indefinito.

La guerra si inserisce perfettamente in questa logica di dominio perpetua. Cosa rinfocola l'istinto gregario degli individui e delle masse più di una bella guerra? Cosa consente al Potere di ridurre fino a sopprimere ogni dissenso, ogni opposizione, ogni libertà, più di una guerra? Cosa divide il popolo, i lavoratori, i cittadini, tanto quelli con passaporto diverso quanto quelli "appartenenti" alla medesima nazione, più di una guerra?

La guerra è la salute dello Stato. Non esiste Stato che non abbia bisogno di un nemico contro cui agitare venti di guerra o contro cui mandare le masse a morire. Per idiozie come Patria o Bandiera. Più uno Stato è "in guerra", più le masse lo sosterranno, più il governo sarà saldo.
Fino a quando l'enorme menzogna che la guerra nasconde dentro e dietro le divise o le bandiere non venga disvelata e tutti riescano a vedere il marcio che c'è nello Stato e nel Governo.

Siamo tutti NoVox

La rosa dei candidati della destra. I veti e le controproposte del centrosinistra. Il profilo quirinalizio. L'unità nazionale contro la pandemia. Una figura garante nei confronti dell'Europa.

Quante ne stiamo sentendo. Armi di distrazione di massa, come se l'inquilino del Quirinale potesse far costruire nuove scuole e nuovi ospedali, potesse abolire la precarietà lavorativa che si traduce in precarietà di vita, potesse impedire le morti sul lavoro e - ultima novità della democrazia liberale - anche le morti in scuola-lavoro.

Il fantoccio che metteranno sul Colle romano non cambierà la vita dei lavoratori italiani, non abolirà l'infame tessera verde, non metterà fine a questa indegna gazzarra tra NoVax e UltraVax.

E mentre i "rappresentanti del Popolo" ci deliziano votando Signorini, Siffredi o Bruno Vespa, il "Popolo" prova a lanciare un urlo di disgusto per l'ennesima infima prova di questa classe politica. Solo un urlo, di più non si riesce a fare. E nemmeno quest'urlo viene ascoltato, anzi percepito, dalle istituzioni della democrazia liberale.

Un Popolo che urla, ma non ha voce.
Adesso è ufficiale, siamo tutti NoVox.

Il Male della Fede

Stiamo accettando tutto.
Tutto subiamo e tutto siamo pronti a subire.
Per fede.

Fede nella religione, in questo o quel dio che ci proteggerà dal maledetto virus e che salverà l'Umanità.
Follia.

Fede nella scienza, in senso lato e vago e vacuo, visto che anche all'interno della comunità scientifica ci sono posizioni discordanti, talvolta opposte.

Ma noi accettiamo tutto. Per fede.

Perché non abbiamo strumenti culturali per comprendere. E perché abbiamo la pigrizia mentale tipica di una comunità in decadenza.
E' faticoso pensare come individui, è massacrante ragionare come collettività.

Tessere verdi? Codici a barre? Tutto fa brodo. Vaccini? No, meglio lo Spirito Santo.
E intanto stiamo male. Intanto moriamo. Viva la Tessera Verde, però. Viva lo Spirito Santo.

E allora non pensiamo. Non studiamo. Non dissotterriamo l'ascia di guerra. Non rinforziamo le difese della nostra mente e del nostro corpo. Non avanziamo, con le armi della conoscenza critica, nei meandri dell'ignoto. 

Meglio star qui, sulla sponda piana del fiume, e accettare tutto quello che ci viene propinato. Dal primo degli scienziati all'ultimo dei santoni.
Per fede.