Respiro (poesia)

 Respiro,

Il mondo è in apnea

ma io respiro,

automatismi urbani

politicamente corretti

soffocano i palpiti della mente,

catene ovunque vengono invocate

e applaudite le mani del carceriere

che stringono il mio collo,

ma io respiro.


L'aria che non passa tra il cemento

dei docili palazzi della City

puzza di afa rancida e vecchiume,

finestre spalancate sulla strada

e sull'oblio dentro le case degli schiavi

chiuse a doppia mandata per paura

di perdere un altro po' di nulla.


Io respiro,

perché mi manca il fiato

e sono vivo,

nessuna lapide mi sta aspettando,

crematemi se accade e poi nel vento,

gettatemi nel vento che respiro.

Riportare il mondo della vita nella tecnologia

"Riportare il sole, il vento, la terra, il mondo della vita nella tecnologia, tra i mezzi necessari all'uomo per la sua sopravvivenza, significa restaurare, in senso rivoluzionario, il legame tra l'uomo e la natura. Restituirgli un senso di dipendenza che contribuisca a valorizzare il carattere unico e distintivo di ogni comunità regionale – di dipendenza, cioè, non generalizzata, ma legata a una regione specifica con caratteristiche peculiari – significa compiere un passo decisivo in direzione di un mutamento radicale di tipo ecologico. Si instaurerebbe così un vero sistema ecologico, basato su un complesso di risorse naturali in un rapporto delicato e perfetto di interdipendenza reciproca, oggetto continuo di analisi, di sperimentazione e di oculate trasformazioni."

Murray Bookchin

Comfort zone

Non tutti cercano allievi, discepoli, adepti. Perché non tutti voglio essere maestri. Sanno che non hanno nulla da insegnare o da spiegare, niente da dimostrare o argomentare.

Non c'è nessuna Tradizione, nessun Sapere iniziatico, nessun sistema filosofico.
Nulla da ascoltare? Si, c'è solo il Nulla da ascoltare.
Nulla da vedere? Si, c'è solo il Nulla da vedere. Non al cinema, però: non lo danno in quelle splendide sale piene di comfort, aria condizionata e pop corn.
Quello che c'è da ascoltare, da vedere, da conoscere, da vivere è davanti ai nostri piedi, se abbiamo voglia di camminare fuori dai sentieri battuti. Se abbiamo il coraggio di rompere con la tradizione, il codice, la consuetudine, la moralità sociale, il sistema dominante.

L'Uomo Libero avanza fuori dalla propria comfort zone, senza sospiri per un passato mitizzato e senza programmi per un futuro immaginifico.
Perché la Libertà è così: senza nostalgie e senza speranze.

Zero Denominatore

Sembra vi sia una dicotomia: o si è sovranista, o si è globalista, tertium non datur.

Il Sovranista ama la "sua" terra, la "sua" patria, il "suo" Popolo, la "sua" bandiera, il "suo" dio. Egli ha un posto nel mondo: il "suo" mondo, un pezzo di terra minuscolo sul globo terracqueo. 

Il Sovranista è pronto a scagliarsi contro tutto ciò che non appartiene al "suo" mondo, che viene visto come una minaccia.

Forse un giorno comprenderà che il "suo" mondo non è suo nemmeno un po' e che lui è solo un servo, un utile idiota nelle mani di chi davvero è proprietario del mondo. 

Forse, ma ne dubito.

Poi c'è il Globalista. Il cittadino del mondo. Anywhere in the world. Il suo Popolo è l'intera umanità, la sua Patria è tutto il pianeta, la sua bandiera ha tutti i colori. Il Globalista non vede minacce, condanna i conflitti, non ama le lotte, figurarsi le rivolte o le rivoluzioni. È pacifista, spesso nonviolento, quasi sempre gandhiano.

Forse un giorno capirà che il mondo non si cambia con gli scioperi della fame e con le mani dipinte di bianco, quando il Potere usa i manganelli e i proiettili.

Forse, ma ne dubito.

Questa dicotomia non esiste, è fasulla. Sovranista e Globalista stanno dalla stessa parte del fiume. Vivono nello stesso mondo, ragionano per proprietà, per leggi, per bandiere, per etichette, per divinità (religiose o laiche).

Io preferisco quelli che stanno sull'altra sponda. Quelli nascosti nel Bosco. Quelli che non hanno nulla di "mio", padroni di nulla e servi di nessuno. Quelli che non hanno affermazioni da fare, ma solo negazioni. Quelli che non hanno verità da  professare, ma esperienze da vivere.

Quelli che sono altro. L'Eccezione. Lo Zero Denominatore, diviso per il quale ogni numero diventa infinito.

Quelli che sono ovunque, ma fuori.

Anywhere, out of the world.

Senza

Non appartengo che a una comunità: quella dei Senza. Senza numi tutelari, senza padri fondatori, senza bandiera colorate, senza confini inventati, senza segni distintivi, senza etichette. 

Agli occhi dei cittadini, la comunità dei Senza compare e scompare, si popola e si estingue, ciclicamente. Quando l'identità di un secolo va fuori corso, quando la sedicente civiltà attraversa un nuova crisi, ecco comparire i Senza.

In realtà ci sono sempre stati. Direttori d'orchestra o primi violini, la loro Sinfonia è scandita dal ritmo del Nulla. Le orecchie della cosiddetta società civile sono sorde a queste note. 

La loro è la Sinfonia del Crollo. Tutto trema, essi no. Perché conoscono la furia distruttrice del Nulla, ma anche l'infinita Libertà che genera. 

E quel veleno che spaventa la società, quel veleno contro cui il Potere non ha ancora trovato un antidoto, scorre nelle loro vene. 


Oltre nessuna linea

Ci riempiono la testa di obiettivi da raggiungere, di livelli da superare, di linee da oltrepassare.

E noi ci convinciamo che la nostra essenza sia in quell'obiettivo, sopra quel livello, oltre quella linea.

Quando poi rompiamo il giogo e conosciamo, anche se per un solo istante, la gelida fiamma della Libertà, comprendiamo che la nostra essenza non ha una linea da superare.

Sono io il mio obiettivo, la mia linea sono io. 

La fratellanza dell'ira

"La dialettica radicale non getta la parola come una bottiglia vuota: una comune sapienza insegna ogni giorno agli insorti di quale uso creativo si ricarichino le bottiglie. È questa stessa la sapienza che qui prende la parola: essa non ha da comunicare ad altri che al suo bersaglio. La fratellanza dell’ira non ha bisogno di dottori. Sappiamo tutto di noi, da quando sappiamo che ognuno di noi è il semplice contrario di tutto ciò che lo nega. Nella dialettica radicale, parla una coscienza che si separa per sempre dall’infelicità."

Il Rovescio

Promessa

"Gli anarchici non promettono niente a nessuno. Gli anarchici vogliono solo che le persone siano consapevoli della propria situazione e si afferrino la libertà per se stesse."
                                                                                          (Marusja Nikiforova)

Le persone sono ossessionate dal Dopo. Non muovono un dito se non sanno cosa c'è Dopo. I politicanti lo sanno bene e non fanno altro che prometterne uno:
Dopo le elezioni, faremo...
Dopo aver vinto, realizzeremo...
Dopo questa fase, inizieremo...

La gente crede a queste promesse. In larga parte.
Di conseguenza non crede a chi invece non fa promesse. A chi non ha una soluzione prestabilita, un copione già scritto, un disegno già pronto.
Non crede a chi vuole lasciare il foglio bianco, perché ognuno possa disegnarci sopra. In libertà, in autonomia e, perché no, insieme a qualcun altro.

Io ho deciso di non promettere. Non ho certezze incrollabili, non ho verità in tasca, non ho ricette sociali, politiche, culturali, economiche per ciò che avverrà Dopo.
A me interessa il Durante. Hic et nunc, non chiedo altro.

Cosa verrà Dopo? Spero Rovine.
Perché solo sulle Rovine si potrà costruire qualcosa di veramente nuovo.


Ombra

"Il nulla è l'ombra di Dio", diceva Dàvila.
Si sbagliava.

Per fare ombra, qualcuno o qualcosa deve esistere. Non è il caso di Dio.

Per esserci ombra, qualcosa o qualcuno deve fare luce, dice la vulgata. Ma la luce non è altro che assenza d'ombra. È una imperfezione del Nulla. Può essere piacevole, inebriante, ma anche accecante, menzognera. 

Il Nulla è l'ombra.
Punto.
Basta così.

20 anni oggi. Non dimentiCARLO.

"Indomita Genova, le lacrime di luglio, infondere paura come forma di controllo"
 (Linea 77, Fantasma)

Quel luglio era vent'anni fa. Eravamo tutti vent'anni più giovani, avevamo vent'anni di esperienza in meno, vent'anni di pensieri in meno, vent'anni di stanchezza in meno. L'unica cosa che non è diminuita è la Rabbia. Magari oggi sappiamo tenerla più a bada, sappiamo morderci la lingua quando bazzichiamo la periferia della sedicente "società civile" ed evitiamo di azzannare alla giugulare l'ennesimo interlocutore stronzo che incontriamo sul nostro cammino. Uno che non fa differenza tra NoTav e NoVax, tanto per restare all'attualità.

Allora no, era diverso. Allora si voleva urlare, camminare, correre, scrivere, suonare, cantare, creare, dipingere la nostra Rabbia. Perché ci stavano fregando il presente e il futuro, ce n'eravamo accorti tutti, ma la narrazione mainstream faceva già presa sui più pavidi di noi. Meglio una confortevole bugia che un dura verità. E se la confortevole bugia viene rafforzata a colpi di manganellate, di ossa spaccate, di testicoli fracassati, di setti nasali deviati, beh... ce la faremo piacere ancora di più.

Oggi sono vent'anni che in Italia si è verificata "la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale": a dirlo fu Amnesty International, non proprio un network internazionale di Black Bloc.

Già, il Black Bloc. Il Blocco Nero. Esisteva prima di Genova ed esisterà dopo.
Infiltrati dalla polizia? Non mi stupirei.
Anarchici? Certo che si, ma di un'Anarchia antisociale, un nichilismo anarchico distante dall'anarchismo "classico", quello più conosciuto.
Violenti? No, loro stessi controbattono: Non siamo violenti, siamo vandali. Non fracassiamo ossa, ma vetrine. Non incendiamo corpi, ma lamiere. 
A che serve? Perché? Domande stupide. L'utilità dell'azione non è contemplata, "siamo anarchici di prassi, non di teoria" erano soliti e sono soliti dire; la motivazione è sempre la stessa: negare. Negare che questo mondo possa essere cambiato. 

Un altro mondo è possibile? Naaaaaah...
Un altro mondo è necessario? Assolutamente.
Per realizzarlo, però, bisogna prima ridurre in macerie l'esistente.
Dalle rovine del vecchio mondo potrà nascere un nuovo mondo, non altrimenti.

Se i violenti coi caschi blu avessero battagliato coi vandali in tuta nera, probabilmente in tanti non avrebbero avuto nulla da obiettare. Anzi, c'è da giurare che in molti avrebbero tifato per i primi, ché il Blocco Nero non gode certo di grandi simpatie dentro le manifestazioni.
Invece i violenti coi caschi blu consentirono ai vandali in tuta nera di sfondare, distruggere, disintegrare qualsiasi cosa. Senza muovere un dito. Poi passava Mani Tese o la Rete di Lilliput... e giù manganellate come se non ci fosse un domani. Mani dipinte di bianco si tinsero di rosso. Rosso sangue.

Napoli era stata la prova generale di Genova. La Raniero e la Pastrengo come Bolzaneto. Poi ci sarà anche la Diaz, la macelleria messicana, di cui non si conoscerebbe la verità se a essere massacrati, tra i tanti, non ci fossero stati anche i giornalisti di mezzo mondo.
Ricordate le prove inventate? Le mazze prese da cantiere e mostrate come se fossero state ritrovate nella Diaz? Ricordate le molotov realizzate ad arte per essere mostrate alle telecamere? Chi ha gestito Bolzaneto, chi ha deciso e diretto la Diaz, chi ha curato l'organizzazione e la gestione dell'ordine pubblico a Genova, non è stato cacciato a calci in culo insieme a qualche centinaio di vespasiani in divisa, come sarebbe dovuto accadere in un Paese civile.
No, sono rimasti tutti lì, al loro posto. Come gli assassini di Aldrovandi o di Cucchi. Nessuno gli ha tolto la divisa e il distintivo. Anzi, in molti hanno fatto carriera. I loro servigi per Genova andavano premiati...

Ero presente a Napoli. A Piazza Municipio, a Largo di Palazzo. Ho visto coi miei occhi la violenza inumana, oserei dire chimicamente forsennata, dei "tutori dell'ordine". Non andai a Genova, causa impegni personali. Chi ci andò vide le stesse scene di Napoli, ma all'ennesima potenza. Napoli era stata la prova generale, Genova la rappresentazione finale. Il colpo di grazia. Il colpo di pistola. Se fosse morto uno dei loro, sarebbero stati contenti. Invece morì un ragazzo con passamontagna ed estintore: rappresentazione perfetta del manifestante violento. A sparare, secondo la cosiddetta Giustizia italiana, fu un carabiniere alle prime armi, al quale sabotarono i freni qualche anno dopo e per poco non rimaneva ucciso, ma sono solo coincidenze, si sa... 

A morire fu un ragazzo con passamontagna ed estintore, ma non fu sufficiente. Dovettero prima dire che fu ucciso da un sasso, lanciato da un altro manifestante. Poi che ad ucciderlo fu una pallottola sparata in aria che colpì il tettuccio del defender, fu deviata dall'estintore e, dopo una parabola a foglia morta, fracassò il cranio del ragazzo. 

Quando uno dice menzogne è perché ha qualcosa da nascondere. Perché ha la coscienza sporca come l'asfalto macchiato di sangue, come l'aria irrespirabile dei lacrimogeni, come le urla di chi viene manganellato senza aver fatto nulla.
Non esiste menzogna senza colpa, figlio mio. Non dimentiCARLO mai.


Follia

C'è chi ha scritto un elogio alla follia.
C'è chi non lo ha mai letto, ma si atteggia a folle. Solo quando la follia si porta, è di moda, è trendy.
Altrimenti Erasmo da Rotterdam può tornare a essere un terzino del Feyenoord, chi se ne fotte.

Una follia per amore? Ce n'è una, una soltanto: amare. Volete fare una follia per amore? Amate alla follia. 

La follia del Corvo. Tornare dalla Morte, in mezzo ai vivi. Che sono tutti morti, solo che ancora non lo sanno. 

La follia del Joker. Ha tanti ammiratori e pochissimi seguaci. Non tanto materialmente - posso capire la difficoltà -, ma persino filosoficamente.

La filosofia è cosa inutile, dice la plebaglia, che non è manco degna di essere chiamata Plebe.
Con la filosofia non si mangia, afferma la Massa beota.
E chi non è d'accordo con queste due affermazioni è un Folle, un reietti, un disadattato.
Meglio così. Decisamente meglio così. 

"Un'esistenza che non nasconda una grande follia è priva di valore" 
(E. Cioran, "Al culmine della disperazione") 

John Teller

"Avevo sedici anni, facevo l'autostop al confine col Nevada. La citazione era scritta su un muro con la vernice rossa. Quando vidi quelle parole fu come se qualcuno me le avesse strappate da dentro la testa:

"Anarchia significa liberazione della mente umana dal dominio della religione, liberazione del corpo umano dal dominio della proprietà, liberazione dalle catene e dalle restrizioni del governo. Significa un ordine sociale basato sulla libera associazione degli individui." 

Il concetto era puro, semplice, vero. Fu un'ispirazione, accese un fuoco dentro di me. Ma alla fine imparai la lezione che avevano imparato la Goldman, Proudhon e gli altri, e cioè che la vera libertà richiede sacrificio e dolore. Le persone pensano solo di volere la libertà, in realtà agognano la schiavitù dell'ordine sociale, leggi rigide, materialismo. L'unica libertà che l'uomo desidera è la libertà di stare bene."