Il pugno che intercetta

Barriere, steccati, etichette.
Se non ci fossero, Laggente si perderebbe. Ha bisogno di limiti, di sensi unici, di divieti d'accesso. Vista la totale incapacità di autogestirsi e autogovernarsi, Laggente ha necessità di incasellare ogni aspetto dell'esistenza. Kant, filosofo che non ho mai amato, lo aveva capito benissimo, per questo ha impostato tutta la propria filosofia sul concetto di limite. Ed è per questo che tutti coloro i quali proponga il superamento del limite, l'incamminarsi su sentieri mai battuti, la fuoriuscita dagli steccati, l'abbattimento delle barriere, lo straccio delle etichette, vengono considerati folli, criminali, deviati e devianti.
Eppure è proprio così che si dovrebbe vivere: ogni conoscenza acquisita andrebbe considerata un punto di partenza per nuove conoscenze, nuove esperienze, nuovi sentieri. Ogni sistema andrebbe studiato solo al fine di superarlo, modificarlo, aggiornarlo, contestualizzarlo. Ogni rigidità andrebbe combattuta, ogni semplicità andrebbe promossa.

Nessuna via come via.
Nessun limite come limite.

Combattimento

Sotto i gerani -
non contro, ma insieme
all'avversario.

Mele marce

Un sistema produce ciò che gli serve. Se produce inutilità, vuol dire che gli serve inutilità. Se produce mele marce, vuol dire che gli servono mele marce. E' un controsenso? No, per niente. Il negativo serve ad abbellire il positivo, a farlo sembrare ancor più positivo, a renderlo necessario, inattaccabile, da difendere. Così chiunque vorrà combattere quel poco di buono che c'è nel Sistema, perché quando si abbatte una casa avanzano anche mattoni sani, ma la casa comunque deve andare a terra, verrà tacciato di essere un nemico, un reietto, un folle, un cattivo, un criminale.
Più mele marce ci sono in giro, più varranno le poche mele buone, più Laggente farà a gara per accaparrarsele, per difenderle, per elogiarle. Ogni crostata di mele sembrerà più buona, visto che tra tante mele marce abbiamo selezionato le uniche sane. Se le mele fossero tutte sane, non ci sarebbe mercato. E il Sistema, senza mercato, muore.

Marce non sono le mele, ma l'albero che le produce.
E un albero marcio non va abbellito: va abbattuto.

Cretinismo astensionista

"In una sua lettera al Gambuzzi (Locarno, 16 novembre 1870), Michele Bakunin scriveva di essere lieto che egli fosse tornato a Napoli per cercare di essere eletto deputato e soggiungeva:

«Forse ti meraviglierai di vedere che io, astensionista deciso ed appassionato, spinga ora i miei amici a farsi eleggere deputati. Glì è che le circostanze e i tempi sono mutati. Anzitutto i miei amici, cominciando da te, si sono talmente agguerriti nelle nostre idee, nei nostri principi, che non c'è più pericolo che possono dimenticarli, mortificarli, sacrificarli, e ricadere nelle loro antiche abitudini politiche. E poi, i tempi sono diventati talmente seri, il pericolo che minaccia la libertà di tutti i paesi talmente formidabile, che bisogna che ovunque gli uomini di buona volontà siano sulla breccia, e che i nostri amici soprattutto siano in una tale posizione che la loro influenza diventi quanto più efficace è possibile. Cristoforo (Fanelli) mi ha promesso di scrivermi e di tenermi al corrente delle vostre lotte elettorali che m’interessano al massimo grado». 

Fanelli fu eletto deputato di Torchiara nel dicembre 1870 e Friscia fu rieletto in Sicilia. Bakunin vedeva nell'elezione a deputati dei più attivi organizzatori della I.a Internazionale un potenziamento di questa, per le agevolazioni materiali (viaggi gratuiti), per la possibilità di relazioni più estese, per una maggiore influenza sulle masse nonché una maggiore libertà di propaganda. Di fronte all'istituzione parlamentare egli rimaneva antiparlamentarista ed astensionista ed il suo atteggiamento del 1870 non è affatto da avvicinare a quello di Andrea Costa e nemmeno a quello di F.S. Merlino. 
Per Bakunin il problema era di strategia e non di tattica. Il non distinguere la prima dalla seconda conduce al cretinismo astensionista non meno infantile del cretinismo parlamentarista. 

Quale differenza corre tra la strategia e la tattica? Mi servirò di un esempio semplicissimo, al quale non va attribuito un significato che non vada oltre a quello dimostrativo. 
Mi trovo asserragliato in casa, assediato da una turba di fascisti che gridano: «A morte!». 
Accorrono i carabinieri che cercano di impedire agli assedianti di sfondare la porta di casa mia. Sarebbe idiota e pazzesco che mi mettessi, dalla finestra, a sparare su quei carabinieri. Se agissi così compire un enorme errore strategico. 

Mi trovo in una manifestazione di piazza. I carabinieri sparano sui manifestanti. Prendo la parola e spiego alla folla che i carabinieri rappresentano il potere repressivo dello Stato, che come tali dovrebbero trovare di fronte a loro manifestanti armati e decisi, ecc. ecc.. Se parlassi, invece, dei carabinieri che arrestano i pazzi, che salvano la gente nelle inondazioni, ecc. cadrei in un errore tattico. 

Chiarita la differenza sopraccennata, si pone il problema: se è evidente che il parlamentarismo non può essere conciliabile con l'anarchismo, l'astensionismo è per gli anarchici una questione tattica o una questione strategica? 
Nel 1921 mi sono, per la prima volta, posto questo problema, in seguito a questa piccola avventura. Il mio portalettere era un socialista. Vedendo che ricevevo giornali di sinistra, mi trattava con una certa familiarità, benché non avessimo mai scambiato che dei saluti o dei rapidi commenti sulla situazione politica, e mi mostrava la sua simpatia domandando ai miei familiari, quando non mi vedeva: «E Camillo? Come sta Camillo?». Non lontano da casa mia vi era una casa operaia abitata da socialisti e da comunisti e quando vi passavo davanti, le sere di primavera o di estate, gl’inquilini che stavano godendo la freschezza vespertina mi salutavano cordialmente, benché non avessi mai avvicinato che uno di loro. 
Il calzolaio, davanti alla botteguccia del quale passavo ogni giorno, mi salutava anch’egli benché non fossi suo cliente. 
Le perquisizioni, gli arresti, il vedermi di frequente in compagnia di operai mi avevano cattivato la simpatia del «popolo» del quartiere. Ma ecco che un pomeriggio vedo entrare nel mio studio il portalettere e altri giovanotti a me sconosciuti. Si era in giorni di elezioni politiche e venivano a prelevarmi come elettore. «Abbiamo l'automobile!» mi dicevano. Ed io: «Se volessi votare andrei a votare a piedi o in tramvai; non è per pigrizia che non vado le urne». E... qui tenni loro una lezione di anarchismo, della quale, certamente per colpa mia ma anche un po’ perché erano caldi della «battaglia elettorale», capirono così poco che se ne andarono con dei: «Ce ne ricorderemo!» da sanculotti del 1789. Lo stesso giorno mi accorsi che il «popolo» del quartiere mi aveva giudicato «disertore» e che la mia... popolarità era compromessa. 
Il guaio è che, per la prima volta, mi sono chiesto se l'astensionismo è sempre opportuno. Chi sa che cosa siano state le elezioni politiche del 1921 mi scomunicherà, forse, ma certamente non mi fucilerà se dirò che mi sono astenuto dal fare propaganda astensionista e che mi sono messo contro i vestali dell'anarchismo per difendere quei pochi compagni dell'Unione Anarchica Fiorentina (due o tre) dall'ostracismo al quale erano stati condannati per essere andati alle urne. Dicevo, allora come oggi: l'errore è di strategia e non di tattica, è peccato veniale e non peccato mortale. 

Ma i vestali concludevano che ero «troppo giovane» per non dirmi che non avevo capito niente dell'anarchismo. 
Il richiamo ai principi a me non fa né caldo né freddo, perché so che sotto quel nome vanno delle opinioni di uomini e non di dei, delle opinioni che hanno avuto fortuna per due o tre anni, per decenni, per secoli anche, ma che, poi, sono finite per sembrare barocche a tutti. Le eresie di Malatesta sono, oggi, dei principi sacrosanti per tutti i malatestiani. Ora è un fatto che Malatesta, non essendo né prete né megalomane, ha esposto delle idee come opinioni e non come principi. I principi sono legittimi soltanto nelle scienze sperimentali e, allora, non sono che formulazioni di leggi, formulazioni approssimative. 

Un anarchico non può che detestare i sistemi ideologici chiusi (teorie che si chiamano dottrina) e non può dare ai principi che un valore relativo. Ma questo è un argomento che richiederebbe particolare sviluppo e ritorno a bomba: ossia all'astensionismo. 
Come constato l’assoluta deficienza della critica antiparlamentare della nostra stampa, lacuna che mi pare gravissima, così non sono astensionista nel senso che non credo, e non ho mai creduto, all'utilità della propaganda astensionista in periodo di elezioni e mi sono sempre astenuto dal farla se non occasionalmente e a tu per tu con qualche individuo passibile, secondo me, di passare dalla scheda al revolver. 


Il cretinismo astensionista è quella superstizione politica che considera l'atto di votare come una menomazione della dignità umana o che valuta una situazione politica-sociale dal numero degli astenuti delle elezioni, quando non abbina l'uno e l'altro infantilismo. 
Del primo ha fatto giustizia Malatesta, che scrivendo a Fabbri nel maggio 1931, osservava che molti compagni danno un'estrema importanza all'atto di votare e non capiscono la vera natura della questione delle elezioni. Malatesta citava dei tipici esempi. 
Una volta, a Londra, una sezione municipale distribuì dei bollettini per domandare gli abitanti del quartiere se volessero o no la creazione di una biblioteca pubblica. Vi furono degli anarchici che, pur desiderando una biblioteca, non vollero rispondere al referendum perché credevano che rispondere sì fosse votare. A Parigi e a Londra, degli anarchici non alzavano la mano in un comizio per approvare un ordine del giorno rispondente alle loro idee e presentato da un oratore che avevano calorosamente applaudito... per non votare. 
Se domani si presentasse il caso di un plebiscito (disarmo o difesa nazionale armata, autonomia degli allogeni, abbandono o conservazione delle colonie, ecc.) si troverebbero ancora degli anarchici fossilizzati che crederebbero doveroso astenersi. 

Questo cretinismo astensionista e così estremo che non vale la pena di soffermarvici. Vi è, invece, ragione di esaminare il semplicismo astensionista. Nella lettera sopra citata, Malatesta ricordava che quando Cipriani fu eletto deputato a Milano dei compagni furono scandalizzati perché, dopo aver propagandata l'astensione, egli, Malatesta, si compiacesse del risultato dell'elezione: «Dicevo, e lo direi ancora, che poiché vi sono coloro che, sordi alla nostra propaganda, vanno a votare, è consolante vedere che votano per un Cipriani piuttosto che per un monarchico od un clericale - non per gli effetti pratici che la cosa può avere, ma per i sentimenti che essa rivela». 

Ora, vorrei poter proporre a Malatesta questo quesito: se un trionfo elettorale dei partiti di sinistra fosse un tonico rialzante il morale abbattuto della classe operaia, se quel trionfo permettesse il discredito degli esponenti di quei partiti e avvilisse al tempo stesso le forze fasciste, se quel trionfo fosse una conditio sine qua non degli sviluppi possibili di una rivoluzione sociale, come un anarchico dovrebbe comportarsi? 

Si risponderà che tutte queste ipotesi non sono che fantastiche, ma questa risposta non elude il problema: se un anarchico valuta una data situazione politica come richiedente eccezionalmente la partecipazione degli anarchici alle elezioni, cessa costui di essere anarchico e rivoluzionario se pur non svolgendo una propaganda che alimenti le illusioni elettorali e parlamentariste, se pur non cercando di rompere la tradizione teorica e tattica dell'astensionismo, va a votare senza illudersi sui programmi e sugli uomini dei partiti in lista, ma, anzi, volendo contribuire ad ottenere che svaniscano le illusioni che le masse nutrono nei riguardi di un governo popolare, volendo contribuire ad ottenere che le masse vadano oltre loro pastori? 
Che quell’anarchico possa errare nella valutazione del momento politico è possibile, ma il problema è: se giudicando così un momento politico ed agendo di conseguenza egli cessa di essere anarchico.

Il problema, insomma, è questo: l'astensionismo è un dogma tattico che esclude qualsiasi eccezione strategica? 
È una domanda che rivolgo a quanti oggi infieriscono su quegli anarchici spagnoli che hanno ritenuto utile non alimentare l’astensionismo. Ma prima di rispondere sul caso specifico, mi si permetta di esporre come vedo la questione dell’astensionismo nella situazione spagnola, che non va affatto assimilata a quella francese." 


Camillo Berneri, “L’Adunata dei Refrattari”, New York, 25 aprile 1936

La casa di Kyōko

"Credere che si debba essere felici per il solo fatto di vivere, pur conducendo un'esistenza orrenda, è un modo di pensare da schiavi; pensare che sia piacevole avere una vita ordinaria e confortevole, è il modo di provare emozioni degli animali; gli uomini, però, diventano ciechi pur di non vedere che non vivono e non pensano da esseri umani. La gente si agita davanti a un muro buio e sogna di comprare lavatrici elettriche e televisori, aspetta con ansia il domani anche se esso non porterà a niente. Ed è lì che compaio io, e per il solo fatto che mostro la realtà nella sua crudezza, si scatena un gran trambusto, tutti si terrorizzano, si ammazzano o compiono un doppio suicidio. Io mostro la forma esatta del tempo, come le vendite rateali o le assicurazioni, soltanto che di sicuro sono più gentile; e poi metto in evidenza il tempo che rotola, quello obliquo, quello accelerato, vale a dire il tempo reale; invece gli addetti alle vendite rateali mostrano il tempo del finto perbenismo, quello piatto, quello edulcorato."

Essere è Nulla

Il Nulla è il contrario di ciò che vediamo, perché è l'unica cosa che non vediamo.
Ciò che vediamo è Apparenza, ossia il contrario dell'Essere.
Perciò, il Nulla è Essere o, per dirla meglio, l'Essere è Nulla.

Non non siamo mai, se non per noi stessi e dentro noi stessi.
Tutto ciò che siamo per gli altri è Apparenza, infatti noi possiamo apparire in un modo a qualcuno e in un modo opposto a qualcun altro.
Solo noi possiamo scoprire chi siamo, conoscere noi stessi. E nemmeno è detto che in una vita riusciamo a scoprirlo. Se mai ci riuscissimo, scopriremmo di essere Nulla, perché se fossimo qualcosa tutti potrebbero scoprirlo e saremmo per tutti quella cosa e nient'altro che quello.
Cosa, appunto, impossibile.

La sfida del Dolore

Il dolore è una sfida per chiunque ha realizzato che la soluzione ai problemi personali non è la vittimizzazione ma la ferrea disciplina e severità.

Queste due cose sono l'unica vera chiave verso la libertà, un concetto che chi ha il coraggio di inseguire , scoprirà presto non essere fatto di spensieratezza e piacere.

Se non fosse così, la virtù stessa non avrebbe senso di esistere, in quanto la tanto mitizzata libertà non richiederebbe il minimo sforzo.

Il pensiero del fuorilegge è un pensiero pericoloso , dopotutto.
Qualsiasi membro , supporter o simpatizzante non può pensare in mezzi termini o fornire spiegazioni a chi è pronto a volersi assicurare di avere a che fare con qualcuno dal pensiero socialmente o politicamente corretto. 
In caso contrario ha già fallito anche solo a mantenere una finta maschera di durezza generata dalla propria pochezza di spirito.

Ficcatelo nella cazzo di testa : qualsiasi sub cultura , movimento , religione, culto, partito o idea incentivata dai più e dall'alto non è e non sarà mai né ribelle o rivoluzionaria. È un prodotto che vi piace e che quindi vende. 
Fanculo ai paladini della morale condivisa.


Antirazzismo trendy

No, non sono razzisti.
Non sono iscritti a movimenti politici di estrema destra.
Non risultano avere simpatie per svastiche, croci celtiche, fasci littori e Ku Klux Klan.
Hanno semplicemente deciso di tirarsi fuori dal gregge di privilegiati che, da un mesetto a questa parte, si inginocchia a destra e a manca per manifestare antirazzismo un tanto al chilo.
Pare che oggi l'unico antirazzismo degno di essere visto e promosso sia quello trendy, quello alla moda, quello di chi si inginocchia o indossa la magliettina BLACK LIVES MATTER.

“Contano i gesti quotidiani, più che i gesti formali”.

Onore a Leclerc e Verstappen.

Scala spirituale ascendente

Quando il colombiano Nicolás Gómez Dávila, il cosiddetto "Nietzsche di Bogotà", pubblicò gli Escolios a un texto implícito, correva l'anno 1977. Una trentina d'anni dopo, da quel testo furono estrapolati, tradotti in italiano e pubblicati i Pensieri Antimoderni.
All'interno di quel libro è possibile ritrovare, tra le centinaia di aforismi e spunti, quella che Dávila chiamò Scala spirituale ascendente.
L'autore colombiano declinava la propria gerarchia dello spirito in quattro gradi

  • Avere idee senza essere intelligente.
  • Non avere idee né essere intelligente.
  • Non avere idee ma essere intelligente.
  • Avere idee ed essere intelligente.

Avere idee senza essere intelligente è una condizione che accomuna gli spiriti pecorili fin dalla notte dei tempi. Oggi, con lo sviluppo tecnologico e l'avvento dei social network, questa condizione è assurta a una sorta di legittimazione sociale ed è molto ambita dai politicanti liberaldemocratici e sovranisti, perché uno stolto megafono di idee può portare tanti voti e favorire l'ingresso nelle stanze del Potere. In parole povere, questa è la condizione di chi, non consapevole della propria stupidità, continua a produrre peti mentali a cui dà il nome di idee.

Non avere idee né essere intelligente è una condizione preferibile alla precedente, in quanto la stoltezza almeno non produce idee né le ripete ad libitum. Questa è la condizione di chi, conscio della propria stupidità, si astiene - per volontà o incapacità - dal produrre peti mentali a cui dà il nome di idee.

Non avere idee ma essere intelligente è una condizione particolare, rara, decisamente interessante. Più che una condizione, è una fase dello sviluppo intellettuale e spirituale di un Uomo: quel momento, più o meno lungo, in cui l'intelligenza ha raggiunto uno sviluppo sufficiente allo sviluppo di idee, ma l'esperienza è ancora relativamente scarsa e la creazione viene necessariamente rimandata ad un secondo tempo. Questi uomini sono Potenza allo stato puro, pronti all'Azione e spinti dalla Volontà.

Avere idee ed essere intelligente è la condizione finale dello sviluppo spirituale di un Uomo. In genere, ma non sempre, si raggiunge in un'età sufficientemente avanzata, quando spruzzi d'argento cominciano a comparire sui capelli e sulla barba. Questa è la condizione dell'Uomo compiuto, che da adesso in poi dovrà continuare a innaffiarsi come un fiore per non lasciarsi appassire. Un Uomo che riuscirà ad affrontare la contemporaneità con aristocratico distacco e con consapevole passione.

Tifosi virtuali, tifosi reali

Applausi scroscianti dopo il triplice fischio, “buuuu” ed ululati all’arbitro che sventola un cartellino giallo sulla testa di un giocatore, infine tremendi boati ai gol, come se ci fossero 100mila sostenitori sugli spalti.

Ho trovato l'esperimento del Virtual Audio disgustoso e pericoloso. 
Disgustoso, perché peggiora decisamente la fruizione televisiva di un evento sportivo che assume i connotati di una partita alla playstation, con tutto quel sapore finto, artefatto, virtuale - appunto - proprio di un videogioco. 
Pericoloso, perché l'idea che si possa sostituire la passione dei tifosi, il trascinante coro delle curve, il trasporto emotivo degli spettatori senza far decadere lo spettacolo dell'evento sportivo, va ostacolata sul nascere, prima che si pensi seriamente che si possa fare a meno delle persone sugli spalti, tanto sono ampiamente sufficienti quelle sedute comodamente sui divani, davanti alla pay-tv.

Il disegno è chiaro: il calcio, da sport popolare, deve diventare sport di massa. Deve, cioè, interessare un numero sempre maggiore di persone, ma senza che queste persone creino problemi. Miglior modo non c'è, quindi, che confinarle dentro le quattro mura domestiche, affossate in poltrone Ikea dalle quali assistere all'evento sportivo tramite la televisione. Allo stadio, se proprio sarà necessario, meglio portare le elites del danaro, ossia coloro che possono spendere ingenti somme per assistere dal vivo a una partita. Da decenni, infatti, si costruiscono stadi a capienza ridotta e i costi dei biglietti continuano a lievitare: lo scopo è manifesto, stadi per le classi sociali alte e televisione per tutti gli altri.
Il Virtual Audio rappresenta un ulteriore passo in questa direzione. Un esperimento che, qualora dia i frutti sperati, verrà riproposto anche quando gli stadi saranno riaperti. Così tutti coloro che non potranno spendere centinaia di euro a partita per portare i loro figli sugli spalti, potranno spendere centinaia di euro l'anno per le pay-tv e "godere" dei cori computerizzati durante la visione dell'evento.
Le elites economiche sugli spalti di stadi-teatro, le masse nei soggiorni con angolo cottura.

La sacra lussuria per la vita

Cosa può rimanere di un mondo dove la società deride o demonizza l'onore e la prodezza, cercando di piegare tutto ad una visione politica e priva di spirito, per poi stupirsi di incontrare persone prive di coraggio, onestà e spina dorsale?

C'è un modo soltanto di vivere questa veloce e crudele esistenza: celebrare la sacra lussuria per questa vita, per ciò che ti brucia l'anima e ti forgia lo spirito.

Massa, Popolo, Avanguardia

La Massa è informe, beota, facilmente influenzabile.
Dalla Massa, però, sorgerà una corposa minoranza di persone che si eleverà culturalmente, politicamente, moralmente, dalla massa e da cui la Massa si farà guidare.
Chiameremo questa corposa minoranza col nome di Popolo.
Non è la Massa che elegge il Popolo, ma è il Popolo che si fa scegliere dalla Massa.

All'interno del Popolo sorgerà una esigua minoranza di persone che si eleverà culturalmente, politicamente, moralmente dal Popolo e da cui il Popolo si farà guidare.
Chiameremo questa esigua minoranza col nome di Avanguardia, Elite, Consiglio, Soviet.
Non è il Popolo che elegge un'Avanguardia, ma è l'Avanguardia che si fa scegliere dal Popolo.

Il processo, ora, deve interrompersi. L'Avanguardia deve impedire che si erga "un uomo solo al comando". Altrimenti il Governo diventerebbe autocrazia. Diventerebbe dittatura.
Se l'Avanguardia deciderà di darsi un leader, con compiti organizzativi e di rappresentanza, lo eleggerà tra i suoi membri, ma l'incarico sarà a tempo e il potere non potrà mai essere assoluto, bensì sempre sottoposto al vaglio dell'Avanguardia.

Onnivoro

Cani, gatti, maiali, vacche, capre, topi, scimmie. Uomini.
Siamo tutti "Figli di madre Natura". Tutti abitanti di questo pianeta.
I cinesi mangiano i cani, gli europei no.
Gli europei mangiano i maiali, i musulmani no.
Chi ha ragione? Chi sta nel giusto?
Nessuno. E tutti.

Non è relativismo, sia chiaro. E' oggettività. Non ci può essere gerarchia tra un cane e una mucca, tra un maiale e un gatto. Se pensiamo che sia sbagliato mangiare i gatti e condanniamo chi lo fa, dobbiamo aspettarci che altri popoli, altre culture, altre comunità possano fare lo stesso nei nostri confronti, visto che adoriamo rimpinzarci di salsicce e bistecche.

Se ci si vuole tirar fuori da questa disputa, bisogna diventare vegani, così il problema si risolve alla radice.
Altrimenti troveremo sempre qualcuno che si indignerà perché Tizio mangia il maiale, Caio divora un hamburger di bovino, Sempronio abbrustolisce un gatto.
E chi avrà ragione tra Tizio, Caio e Sempronio? Chi starà nel giusto?
Nessuno. E tutti.