L'Uomo Spirituale è consapevole della propria inferiorità e incompiutezza. C'è, sopra di lui e fuori di lui, qualcosa di più potente e di più completo. C'è la Natura, le sue forze, il suo istinto di conservazione, la sua volontà, il suo ordine naturale. L'Uomo Spirituale riconosce che, oltre le ossa e la carne, c'è molto altro: spirito, demone, anima, pensiero, idea, sentimento, emozione, passione.
L'Uomo Religioso, invece, è profondamente diverso. La sua spiritualità è innanzi tutto esteriore. Ha bisogno di formalismi, di codici, di dogmi. La Natura è spodestata dal suo altare: al suo posto viene messo un Dio, che è padrone e creatore della Natura stessa. L'esistente perde la propria divinità e un'altra entità, trascendente, se ne impadronisce. Nulla è più divino, tutto diviene creazione.
Egli ha bisogno di altari, meglio se d'oro e marmo.
Egli ha bisogno di dogmi, di libri sacri, di agiografie, di tribunali in cui uomini interpretano la volontà del Dio.
Egli ha bisogno di una gerarchia, di ministri del culto, di interpreti della volontà divina: lui, da solo, non ne sarebbe capace.
La contemporaneità tende a identificare i due uomini. L'idea che spiritualità e religione siano sinonimi o, addirittura, identici, è uno dei principali inganni della post-modernità. Identificando i due termini si combatte una sola volta, invece che due, il grande nemico dell'unica divinità contemporanea: il Potere, economico in primis, poi politico, sociale e, infine, culturale.
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