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Tra vette e abissi

Abbiamo appena iniziato a camminare sulle nostre gambe quando cominciano ad inculcarci una "loro" verità, spietata e inconfutabile: in tanti possono vincere, solo in pochi riescono a confermarsi in vetta.
Ci riempiono di esempi, per farci comprendere che, se è difficile arrivare primi, al termine di un percorso, in cima a una montagna, è ancora più difficile rimanere in testa.

"Perché mai dovrebbe essere questo il mio scopo?", mi permetto di domandare a lorsignori.
Una volta che ho scalato la mia montagna e ho raggiunto la mia vetta, non voglio altro che il tempo necessario per contemplare la Bellezza davanti ai miei occhi e la Fatica dentro di me, quella fatica che mi ha portato a concludere quella impresa. Terminato questo momento di contemplazione, voglio scendere. Intraprendere il cammino a ritroso. Ritornare al campo base. E sognare nuove sfide, nuovi sentieri, nuove vette.
La mia gioia non è nel rimanere in vetta, ma nel raggiungerla. Nel guardare in basso, lasciandomi spaventare dall'altezza, e nel ridiscendere.

Lo stesso discorso non vale solo verso l'alto, ma anche verso il basso. Non solo verso le vette, ma anche verso gli abissi.
Una volta che ho raggiunto il punto più basso, il luogo ove la luce non giunge, il posto dove si sentono gorgogliare le viscere della Terra, non voglio rimanere lì. Lì sotto. Voglio, anzi devo volere, riguadagnare la superficie, tornare a galla, risalire sulla crosta terrestre e - perché no! - tornare nel Bosco.
La mia gioia non è nel rimanere in fondo all'abisso, ma nel raggiungerlo. Nel guardare in lato, dove il Sole continua a splendere, lasciandomi spaventare dalla profondità raggiunta, e nel risalire.

Ci inculcano che l'Essenza di ogni impresa non sia nel portarla a compimento, anche se solo per un istante. Osano persino definirlo "effimero", quell'istante. 
Eppure il nostro Spirito sa che non è così. Lo Spirito della Vita nega questa "loro" verità.
Perché tra vette e abissi, l'essenza della vita è nella Vertigine.