Duplice fallimento

Poteva essere la prova d'appello per l'Umanità. Finalmente si poteva affrontare un problema globale ragionando come specie e non come semplice somma di stati nazionali. Purtroppo bisogna constatare che anche questa prova è stata miseramente fallita.
La pandemia che ha sconvolto il pianeta negli ultimi mesi aveva fatto sperare che, finalmente, gli esseri umani cominciassero a pensare e a pensarsi come comunità, come "terrestri". Invece no: dopo i primi tempi di vuota e menzognera solidarietà umana, si è passati subito allo scontro, alla ripicca, alla polemica di piccolo cabotaggio. L'umanità ha ripreso a ragionare secondo bandiere, steccati, confini: secondo le logiche giacobine degli stati nazionali. Statunitensi contro cinesi, ma anche italiani del nord contro quelli del sud e viceversa. Ognuno ha pensato ai fatti suoi: la Germania, la Svezia, l'Inghilterra.

Il nazionalismo, che è l'ennesimo prodotto dello stato nazionale, nonostante da decenni filosofi e storici vogliano far credere che il nazionalismo preceda la nascita degli stati, ha mostrato la propria totale incapacità di affrontare l'esistente. Trincerati dietro tricolori massonici e bandiere più o meno trendy, gli esseri umani si sono divisi su tutto e non sono stati capaci di affrontare questo maledetto virus contrapponendogli una risposta globale, transnazionale, planetaria.

Cosa rimane, quindi? Rovine, nient'altro che rovine. L'universalismo giacobino e il nazionalismo vecchio e nuovo - che alcuni chiamano "sovranismo", come se cambiare un nome fosse sufficiente a modificare un'essenza - hanno dimostrato di essere due facce della stessa medaglia, entrambi incapaci di fronte alla pandemia. Il loro duplice fallimento è sotto gli occhi di tutti, vedenti o meno.
Tra le rovine, forse, l'unica fiaccola ancora accesa è rappresentata dall'idea che piccole comunità tra loro omogenee innanzi tutto per motivi ideali ("Nell'idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l'essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l'essere della stessa idea è quel che oggi conta", J. Evola) possano sottrarsi al giogo universalismo/nazionalismo e reagire alla decadenza moderna. Una volta le chiamavamo tribù, clan, persino popoli, prima che questa parola assumesse, col secolo dei Lumi, un significato del tutto opposto a quello reale.
In che modo questi piccoli gruppi coesi di uomini possono farcela? Ritirandosi jungerianamente nel bosco, oppure combattendo l'esistente negandogli ogni vacua possibilità di riforma.

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